Allarme rosso per il settore legno-arredamento: le imprese stanno pagando caro il prezzo della crisi e, se il governo non interverrà quanto prima con misure forti a sostegno dell’attività industriale, dalla conferma degli incentivi (ma scorporati dalla ristrutturazione) a una nuova politica del credito, il rischio è quello di lasciare sul campo più di 100mila posti di lavoro. Oltre, si intende, a una buona fetta di competitività su uno scenario globale agguerrito. Questo il messaggio lanciato dal presidente FederlegnoArredo, Rosario Messina, in occasione della presentazione dei dati preconsuntivi 2009 del settore, elaborati dal Centro studi Cosmit/FederlegnoArredo. “Abbiamo pagato un conto salatissimo per gli eccessi della finanza internazionale, abbiamo in gran parte sostenuto da soli il peso della crisi e l’esito è il peggiore che si potesse immaginare: un settore che perde il 20 per cento del valore della produzione, mentre la finanza mondiale è in parte tornata ai comportamenti pre-crisi”, ha sottolineato Messina.
Dopo un 2008 dove le perdite per il settore legno-arredamento erano contenute al -5,6 per cento in fatturato (con meno 7,8 per cento nei consumi interni e meno 2 per cento nelle esportazioni), il 2009 si chiude con la già citata flessione del 20 per cento sul fatturato, sul quale pesa in modo particolare il -23,5 per cento in valore registrato dalle esportazioni, con un andamento che ha visto il pesante gelo degli ordini nel primo trimestre di quest’anno, seguito da un secondo trimestre ulteriormente peggiorato e da un terzo trimestre in linea anche se con qualche primo timido segnale di risveglio del mercato.
Il settore dell’arredamento (macrosettore che comprende mobile per casa, ufficio e altri, arredobagno, apparecchi per l’illuminazione e complementi d’arredo) ha visto calare il fatturato del 17,3 per cento per un 23 per cento di diminuzione dell’export e una contrazione delle importazioni del 16,7 per cento; il saldo commerciale perde, quindi, il 24,9 per cento sul 2008. Colpa del rallentamento degli acquisti da parte dei Paesi che tradizionalmente costituivano lo sbocco privilegiato del mobile made in Italy, come Francia (meno 12,0 per cento in valore), Germania (meno 10,1 per cento), Regno Unito (meno 39,8 per cento) e Stati Uniti (meno 34,9 per cento), cui si aggiungono Russia (meno 33,0 per cento), Emirati Arabi Uniti (meno 33,8 per cento), Spagna (meno 36,8 per cento) e Grecia (meno 18,9 per cento).
In sintesi, specifica il centro studi, nessuno tra i primi venti Paesi acquirenti di arredamento italiano è cresciuto, sia in valore sia in quantità, nel periodo gennaio-agosto 2009. Per quanto riguarda le importazioni, i primi quattro Paesi su cinque, principali fornitori dell’Italia, hanno il segno meno: la Cina, al primo posto, perde il 17,1 per cento in tonnellate e il 10,1 in valore, seguita dalla Germania (meno 14,6 per cento in valore e meno 5 per cento in tonnellate), Austria (meno 30,7 per cento e meno 44,2 per cento); situazione più equilibrata per Romania (meno 4,5 per cento e meno 0,1 per cento) e Polonia (meno 13,7 per cento e +6,9 per cento).
I mobili (esclusi quelli per veicoli) perdono sempre nel periodo gennaio-agosto complessivamente il 22,9 per cento in esportazioni e il 14,9 per cento in importazioni. Per l’export ai primi posti scendono Francia (meno 10,8 per cento), Germania (meno 10,4 per cento), Regno Unito (meno 39,6 per cento), Russia (meno 31 per cento) e Stati Uniti (meno 33,3 per cento). Per l’import criticità per la Cina capolista (meno 7,8 per cento), seguita da Germania (meno 15,3 per cento), Polonia; +7,1 per cento), Romania e Austria.
Per il legno (macrosettore che comprende i prodotti in legno per l’edilizia e tutti gli altri prodotti in legno, compresi semilavorati e componenti per mobili), l’andamento è stato ancora più negativo, con un dato preconsuntivo che segnala un -24,3 per cento del fatturato e un -27,9 per cento di export, che riguarda principalmente il settore del legno per edilizia ma tocca tutti i settori compresa l’industria dei pannelli, schiacciata fra la flessione dell’edilizia e del mobile-arredamento.
Per quanto riguarda le esportazioni, fra gennaio e agosto 2009 i primi cinque Paesi in graduatoria segnano un calo piuttosto marcato con la Germania che perde il 27,7 per cento in valore, seguita dalla Francia (meno 28,4 per cento), Svizzera (meno 6,2 per cento), il Regno Unito (meno 26,9 per cento) e Russia (meno 37,6 per cento). Non vanno meglio gli Stati Uniti (meno 45 per cento) Spagna (meno 44,9 per cento) e Grecia (meno 42,5 per cento). In netto calo anche l’importazione del legno e dei prodotti in legno: secondo il Centro Studi Cosmit-FederlegnoArredo si attesta sul -26,8 per cento, segnale preoccupante di disinvestimento delle imprese italiane nella materia prima oltre che di un ritardo nella ricostituzione dei magazzini. La frenata colpisce i Paesi più importanti per l’Italia come l’Austria, che perde il 21,6 per cento, la Germania (meno 18,2 per cento), la Francia (meno 41,5 per cento), la Cina (meno 33 per cento) e la Croazia (-meno 21,8 per cento). Difficoltà anche in mercati importanti come gli Stati Uniti (meno 32 per cento), la Spagna (meno 33,2 per cento) e la Russia (ben meno 52,3 per cento).
Alcuni fra gli strumenti urgenti per invertire la tendenza li ha elencati Messina: rottamazione nel settore del mobile come è stato per le automobili, sostegni diretti alle imprese con premi fiscali, rilancio dei consumi e sostegno al potere di acquisto delle famiglie, rottamazione degli alberghi. “C’è bisogno di un intervento urgente del governo per evitare di perdere oltre 100mila posti di lavoro e garantire continuità alle nostre piccole e medie imprese che rappresentano l’ossatura del sistema economico italiano. A partire dalla rottamazione, subito nel settore del mobile come è stato per le automobili. Dare sostegni diretti alle imprese con premi fiscali”. E poi, ha aggiunto ancora il presidente Fla, “Rilanciare i consumi e far crescere il potere di acquisto delle famiglie. Estendere la rottamazione anche al sistema alberghiero italiano che è parzialmente inadeguato e comunque migliorabile. Questo riavvierebbe l’edilizia, rilancerebbe l’attività produttiva, attiverebbe il sistema delle infrastrutture e andrebbe a diminuire l’incidenza della cassa integrazione aumentando anche il rilancio del turismo”.