Il 23 febbraio 2012, presso la sede del Consiglio nazionale delle ricerche di Montelibretti (Roma), si è tenuto il convegno di studio “Tecnologia Hyst: dalle biomasse alimenti ed energia sostenibile” organizzato dal Cnr Area della Ricerca RM1 e dall’associazione Scienza per l’Amore (www.scienzaperlamore.it/contStd.asp?lang=it&idPag=516), in collaborazione con la società BioHyst.
La tecnologia Hyst (Hypercritial separation technology) può essere considerata il primo concreto esempio industriale nel settore della nutri-energetics: sogno di tecnici e operatori economici alla ricerca di soluzioni inedite per l’alimentazione e l’energia. Si tratta di un’innovazione assoluta nel panorama scientifico internazionale, caratterizzata dalla capacità di usare al meglio le risorse naturali (compresi scarti di varia natura) senza le controindicazioni che interessano quasi tutte le attività industriali tradizionali. Emissioni inquinanti e/o nocive, rilevanti impatti sul territorio, utilizzo di colture alimentari a scopo energetico sono il lato oscuro di molte attività. Trovare modelli di sviluppo sostenibili, sia economicamente che socialmente, è la vera sfida.
La tecnologia Hyst funziona attraverso la “disaggregazione” delle strutture dei vegetali processati, che avviene facendo scontrare ad alta velocità frammenti di materiale. Impiegare la medesima biomassa per più scopi è la chiave di volta del progetto: una stessa risorsa per cibo, energia, chimica, farmacopea.
Ai comuni processi che modificano la materia per via chimica o termochimica al fine di estrarne specifici costituenti, si propone quindi un’alternativa semplice, a basso costo e a impatto ambientale nullo.
In particolare nel campo energetico, la Tecnologia Hyst costituisce un concreto esempio di tecnologia di seconda generazione, in grado di utilizzare a fini energetici gli scarti delle attività agricole (paglie, potature, ecc.), permettendo di produrre biometano per le nostre automobili a prezzi estremamente bassi, circa 0,55 euro a litro di benzina equivalente, di gran lunga inferiori a quelli del bioetanolo e del biodiesel di prima generazione che si stanno immettendo nel mercato dei carburanti italiano al costo di circa 1 € per litro di benzina equivalente.
L’Italia, aveva fissato il raggiungimento della quota del 3 per cento già nell’anno 2009 e ha raggiunto il 3,47 per cento con biocarburanti che non provengono dall’agricoltura italiana e che abbiamo dovuto importare da altri Paesi, per una spesa complessiva che si aggira intorno a 1 miliardo di euro.
Grazie a questa tecnologia, il nostro Paese potrebbe già oggi coprire il 4,5 per cento del fabbisogno energetico del settore trasporti utilizzando i
2,5 miliardi di metri cubi di biometano producibili dalle paglie lasciate inutilizzate nei terreni e dai sottoprodotti dell’agricoltura.
In Italia si potrà soddisfare l’obbligo europeo, previsto dalla Direttiva 2009/28/CE, di sostituire entro il 2020 il 10 per cento del fabbisogno energetico con biocarburanti derivanti da materie prime prodotte sul territorio italiano, invece di spendere miliardi di euro con biocarburanti importati senza ottenere nemmeno la metà di quanto sarebbe necessario e senza creare un valore aggiunto in termini di incremento occupazionale e di investimento con conseguente aumento del Pil.
Tale tecnologia rappresenta una irripetibile opportunità per il supporto all’alimentazione nei Paesi in via di sviluppo, in particolare per sostenere la crescita dei Paesi africani attraverso l ’utilizzo ottimale delle risorse locali per combattere la fame, la povertà e le carenze energetiche.
La tecnologia Hyst: dalle biomasse
alimenti ed energia sostenibile
ultima modifica: 2012-04-05T00:00:00+00:00
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