La fiera internazionale della tecnologia per la lavorazione del legno è stata l’occasione per affrontare tre problematiche chiave per il settore con l’intervento di prestigiosi esponenti del mondo produttivo, istituzionale e associativo.
Tre talk show organizzati dalla nostra rivista, tre argomenti caldi per il settore legno fra foreste, cultura produttiva d’impresa e tecnologia. A Xylexpo 2012 sono stati affrontati in tre diverse sessioni di approfondimento i temi all’ordine del giorno per la filiera del legno, con la partecipazione di alcuni fra i più autorevoli esponenti e protagonisti del mondo del legno: il futuro del settore a confronto con il boom delle biomasse sfruttate a fini energetici, l’imballaggio e la sfida dell’innovazione in un mondo globale, e il nuovo rapporto fra artigiano e tecnologia, alla ricerca di un difficile, ma non impossibile, equilibrio fra manualità e controllo numerico.
BIOMASSE
Equilibrio cercasi fra produzione ed energia
Lo sfruttamento delle biomasse a scopo energetico è uno dei temi roventi per il settore del legno. Di questo si è parlato al primo appuntamento con “I talk show di Xylon”, svoltisi durante Xylexpo. Se a parlarne sono chiamati, in un solo momento, i produttori di pannelli truciolari e mdf per l’industria del mobile, i produttori di impianti per lo sfruttamento delle biomasse (legna da ardere, scarti di lavorazione e legno riciclato), rappresentanti del mondo delle istituzioni e delle associazioni di categoria, allora la carne al fuoco è tanta. Specie se ricordiamo gli appuntamenti con gli “Action Days” promossi da Epf (European Panel Federation) che hanno portato sul piede di guerra i produttori di pannelli per sensibilizzare le istituzioni sui rischi di una materia prima industriale essenziale destinata a finire “in fumo”, liberando nel contempo in atmosfera la CO2 stoccata per il lungo tempo del ciclo di vita grazie al carbon stock che gli stessi incentivi alle fonti di energia rinnovabili vogliono combattere.
Citando i dati diffusi in occasione dell’ultima edizione della fiera veronese “Progetto Fuoco”, l’Italia è oggi primo importatore mondiale di legna da ardere e leader europeo per consumo di pellet (con 20 milioni di tonnellate di biomassa legnosa nel 2012). Alla ricerca di una riduzione dei costi energetici, gli italiani oggi hanno 5,9 milioni di impianti domestici a legna (1,5 milioni le stufe a pellet). Una direzione rafforzata dalle politiche comunitarie che impongono all’Italia un aumento dell’impiego di biomasse legnose entro il 2020, mentre anche grazie agli incentivi del Conto energia il Piano energetico nazionale guarda al 2020 come l’anno nel quale le biomasse diventeranno la prima fonte energetica rinnovabile; sul 44 per cento dei consumi coperti da fonti green, il 60 per cento saranno coperti dalle biomasse legnose. Un quadro allarmante per l’industria del pannello e del mobile, che ha spinto FederlegnoArredo a elaborare proposte al Parlamento europeo e alle istituzioni nazionali affinchè il legno sia bruciato a scopo energetico solo a fine vita.
All’incontro “Biomasse, un’opportunità e una sfida per il sistema legno”, le voci al centro del dibattito c’erano tutte e hanno offerto l’occasione per tracciare un quadro del mercato e degli sviluppi prossimi venturi del settore, anche alla luce delle politiche energetiche italiane ed europee che privilegiano l’utilizzo delle biomasse – vergini, da scarto di lavorazione o da riciclo – come fonte di energia.
Paolo Fantoni, presidente Assopannelli/FederlegnoArredo, ha aperto la discussione sottolineando una volta di più le preoccupazioni del settore per uno sfruttamento intensivo a fini energetici della biomassa sottraendo risorse all’industria del pannello. Uno sfruttamento equilibrato delle biomasse spalmato su tutti i settori coinvolti dovrebbe passare da una politica che spinge verso la creazione di piccoli impianti per il servizio a piccolo e medio raggio e non grandi centrali (citando il caso della Gran Bretagna), realizzati comunque lontano dalle sedi di lavorazione dei produttori del pannello e all’interno di un approccio complessivo di uso-riuso-riciclo e valorizzazione termica finale ma soprattutto di sfruttamento sostenibile delle foreste, che offrirebbe anche un contributo importante al miglioramento dell’occupazione locale, senza dimenticare la centralità del ruolo primario del legno come carbon stock per la CO2. Il primo passo in questa direzione lo ha fatto proprio la filiera bosco-legno con gli Stati generali dello scorso novembre: l’iniziativa de “Il filo verde” ha dato il là, secondo Fantoni, a un’azione di pressing sulle istituzioni, ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali in primis. Obiettivo, la ridefinizione di un testo unico legislativo in materia che definisca chiaramente e offra coordinamento alle diverse competenze e ambiti facilitando il gioco di squadra.
Le istituzioni non sono mancate all’incontro. Roberto Carovigno, dirigente della Struttura foreste della Regione Lombardia, ha messo in luce le politiche attuate dal Pirellone per lo sviluppo di una gestione forestale efficiente e sostenibile basata sul concetto di filiera corta, anche e soprattutto per lo sfruttamento delle biomasse legnose frutto degli interventi di manutenzione e cura. I problemi non mancano, come dimostrano anche i dati del Rapporto annuale redatto dalla Regione: pubblico e privato vivono entrambi grosse difficoltà di gestione e di interazione reciproca, mentre la frammentazione esasperata dei proprietari privati non favorisce la necessaria e totale trasparenza su taglio, commercio e utilizzo delle biomasse legnose. Sì, allora, a un percorso che attraverso i consorzi pubblico-privati riesca a garantire un corretto utilizzo delle risorse boschive, a un’infrastrutturazione reale e funzionale delle aree boschive (strade forestali reali e non di servizio alle seconde case) e a una politica di sfruttamento energetico delle biomasse “a chilometro zero” rivolto al teleriscaldamento con impianti a scala comunale/locale o per distretti particolari.
Il recupero e riutilizzo del legno è un passaggio ineludibile per la piena valorizzazione della materia prima – o prima seconda – ai fini di un nuovo utilizzo industriale, pannello in primis. Lo ha ribadito Sebastiano Cerullo, responsabile area Legno di FederlegnoArredo, che ha anche sottolineato come la prima destinazione del riciclo resta il mercato dei pannelli truciolari mentre solo una parte si rivolge al mercato energetico. Proprio sul riuso del legno, anzi, il settore trova un’interessante opportunità per promuovere innovazione, a partire da una riorganizzazione della gestione forestale, a fronte di consumi globali del legno in costante crescita.
Paolo Perini, presidente di Assopellet/Aiel (Associazione italiana energie agroforestali), ha ricordato la centralità assunta dal riscaldamento a pellet in Italia, dove nello spazio di dieci anni e soprattutto dal 2005-2006 è arrivato a coprire il 90 per cento del combustibile per le stufe fino a 35 kW e delle caldaie oltre 35 kW. Complessivamente sono 1,5 milioni le stufe attive che consumano ogni anno circa 2 milioni di tonnellate di pellet, che per prezzo continua a essere più competitivo di gasolio e metano. Il Belpaese è il primo consumatore di pellet in Europa ma non è il più grande produttore e questo aspetto si conferma come il più problematico a livello di filiera: con solo un quarto di domanda soddisfatta dallo sfruttamento di risorse nazionali, viene ribadita ancora una volta con forza l’esigenza di varare una politica ottimale di sfruttamento della materia prima a partire dalle foreste come già avviene in Austria, Germania e area centroeuropea. E la fonte primaria per arrivare al pellet, ha rimarcato Perini, è lo scarto delle prime lavorazioni.
Impianti di grandi dimensioni, perché no? Se ben collocati sul territorio in modo da sfruttare sinergie favorevoli e filiere corte di approvvigionamento, e in più offrono la possibilità duplice di ottenere insieme energia termica ed elettrica grazie alla cogenerazione, sono un’importante occasione per l’approvvigionamento energetico. Lo ha spiegato Davis Zinetti di Uniconfort, San Martino di Lupari (Padova), che ha sottolineato come con politiche condivise e nel rispetto delle peculiarità del mercato dove le leggi di domanda e offerta “regolano” le opportunità di scelta degli operatori agroforestali, è possibile facilitare uno sfruttamento sostenibile delle biomasse a fini energetici senza entrare in conflitto con i produttori di pannelli.
Cosa ne pensano le segherie, in prima linea nella fornitura di scarti utilizzabili per lo sfruttamento energetico così come per l’industria del pannello? Milena De Rossi, Gruppo Prime lavorazioni di Assolegno/FederlegnoArredo, ha evidenziato come lo sfruttamento economico degli scarti di lavorazione sia un elemento molto importante di valore aggiunto per le segherie, specie in un contesto di forte crisi come quello attuale. Uno sfruttamento ottimizzato del legno italiano, oggi utilizzato solo per il 20 per cento delle proprie potenzialità, porterebbe risultati importanti ed eviterebbe agli operatori, segherie in primis, di acquistare tronchi dall’estero per soddisfare la domanda interna.
IMBALLAGGI
Nuove opportunità dalla tecnologia
Il secondo appuntamento con i talk show di Xylexpo ha approfondito un altro tema caldo per il settore legno: “Imballaggi di legno. Quali le strade per una vera innovazione tecnologica?”. La discussione ha raccolto idealmente attorno a un tavolo alcuni fra i principali esponenti del settore, dal mondo delle associazioni di categoria ai produttori di tecnologie per la lavorazione di pallet e cassette per l’ortofrutta, ed è stata l’occasione per un dialogo a più voci sul presente e sul futuro. Il punto di partenza su cui riflettere, emerso dall’incontro, fa i conti con le difficoltà portate dalla crisi e da una competitività sempre più spinta sullo scenario internazionale, ma ha soprattutto individuato le priorità su cui sviluppare l’azione per la crescita del settore nei prossimi anni: per il mercato degli imballaggi in legno l’offerta di un servizio completo e integrato al cliente e l’ innovazione tecnologica sono l’antidoto ideale contro le difficoltà del mercato, mentre i marchi di qualità controllano all’interno di un unico approccio riparatori e produttori a difesa del patrimonio forestale. Senza dimenticare la vera sfida aperta, soprattutto per i produttori di tecnologie: l’esigenza di rendere la lavorazione del pallet flessibile al punto da consentire il fuori standard come nuovo parametro di riferimento.
Ad aprire i lavori, moderati da Sebastiano Cerullo, nella veste di segretario generale di Conlegno, è stato Michele Ballardini, coordinatore del Comitato tecnico FitOk: secondo Ballardini, il futuro dell’imballaggio industriale passa necessariamente da un’evoluzione che guarda al servizio completo per il cliente, produrre pallet o cassette non basta più in un mercato globale e competitivo. Questo approccio innovativo spinge necessariamente il settore a fare i conti con la logistica, in modo da lavorare con il cliente finale in un’ottica integrata che consente di offrire non solo un imballaggio ma anche un vero e proprio metodo di confezionamento. Sempre Ballardini si è poi soffermato sul grande successo ottenuto dal marchio FitOk, che dal 2005 certifica l’avvenuto trattamento fitosanitario degli imballaggi a tutela delle foreste e degli ecosistemi. Grazie ai continui controlli a sorpresa e alle numerose ispezioni per salvaguardare la reputazione del marchio, le contestazioni sugli imballaggi marchiati, soprattutto destinati al mercato estero particolarmente attento al rischio di contaminazione e diffusione degli insetti, sono state solamente 8 nel 2011 e ancora nessuna nel 2012, con grande giovamento di tutto il settore.
Emanuele Barigazzi, coordinatore del Comitato tecnico Epal (soggetto gestore di Eur Epal, marchio internazionale di prodotto per il sistema di interscambio di pallet riutilizzabili), nel suo intervento ha si è invece soffermato in particolare su alcuni aspetti critici della filiera, tra i quali ha citato l’estrema semplificazione tecnologica: la disponibilità di impianti sempre più versatili nelle lavorazioni fuori standard, infatti, se da un lato va incontro alle richieste dei consumatori dall’altro ha messo in difficoltà le aziende medio-piccole, che negli anni si erano perfezionate proprio nei cambi formato e che ora non sono più viste come aziende specializzate. In difficoltà è, anche, la produzione di pallet Epal, che ha registrato un calo del 12 per cento nel primo trimestre 2012 rispetto alla stessa data del 2010.
Alla discussione non hanno fatto mancare la propria voce i produttori di macchine per la riparazione dei pallet, che possiede un ruolo importante nel mercato contemporaneo. Marco Casalboni della Cemil (Bulciago, Lecco), azienda specializzata nella realizzazione di macchine per la riparazione del pallet, non solo ha sottolineato le difficoltà delle aziende riparatrici di disporre di risorse per l’acquisto di nuove tecnologie, ma ha anche segnalato la necessità di recensire e controllare i produttori e i riparatori di pallet per evitare trattamenti FitOk fantasma e la produzione di imballaggi non omologati. Anche Maria Grazia Corali, produttrice delle macchine Corali (Carobbio degli Angeli, Bergamo), rivendicando con orgoglio in ruolo peculiare giocato dalla costanza e perseveranza femminili per la crescita in un settore come quello delle tecnologie per l’imballaggio, si è soffermata invece sulla qualità della filiera: l’acquisto di automazione specializzata può fare la differenza sul mercato perché permette all’azienda di crescere, tenendo sempre in considerazione che il venditore di tecnologie non è un fornitore ma un partner che non va indebolito.
E proprio la tecnologia potrebbe essere la chiave di volta che permetterà agli imballaggi in legno di vincere la pesante concorrenza della plastica, almeno secondo quanto pensa Mauro Mastrototaro, membro del consiglio direttivo di Assoimballaggi, che a Milano ha tracciato un quadro realistico della situazione della Gdo (grande distribuzione organizzata) dove l’imballaggio in legno soffre da anni il successo della plastica. La luce in fondo al tunnel, però, si intravede, e si giocherà su due fronti: il primo, l’imballaggio per l’ortofrutta non è più visto come un rifiuto ma come materia prima seconda per riciclatori e mercato delle biomasse; il secondo, la collaborazione con Assoimballaggi (associata a FederlegnoArredo) che permetterà di mettere in campo nuovi approcci e strumenti, a partire dalla comunicazione, per permettere al settore dell’imballaggio in legno di recuperare il terreno perduto.
La conferma che l’automazione può agevolare il successo arriva da Ettore Durbiano, presidente di Assoimballaggi e proprietario della Durbiano Imballaggi di Rivoli (Torino), azienda che ha recentemente investito nell’acquisto di un nuovo impianto di produzione per la lavorazione di casse pieghevoli di compensato, che ha permesso di conquistare nuove quote di mercato nonostante la difficile congiuntura economica. Sulla crisi dei mercati è tornato a soffermarsi anche l’intervento di Angelo Scaroni, consigliere incaricato del gruppo Riparatori Pallet di Assoimballaggi: da lui la proposta di vedere la difficile situazione economica non solo come fase critica di sofferenza ma anche come un’opportunità di cambiamento in cui ognuno dovrà iniziare a fare bene il proprio lavoro, in particolare gli enti di controllo e certificazione che spesso non lavorano come dovrebbero. A chiudere i lavori è stato l’intervento di Gianluca Storti dell’omonima azienda di Motta Baluffi (Cremona), che ha tirato le fila dell’intero forum sottolineando come la tendenza del settore sia ormai quella di produrre pallet fuori standard e quindi la necessità dei produttori sia quella di dotarsi di una segheria compatta e semplice da gestire che permetta di realizzare il prodotto giusto in tempi brevi secondo le richieste degli operatori.
ARTIGIANATO
Fra il “gesto” manuale e il controllo numerico
Il terzo e ultimo talk show è stato dedicato a: “Le domande dell’artigianato, le risposte della tecnologia”. Dove finisce la manualità tipica della sapienza artigianale secolare e dove comincia un nuovo approccio “tecnologico”alla produzione, in particolare se pensiamo al settore del serramento di legno? Questo in nuce l’argomento, approfondito con la partecipazione delle diverse voci protagoniste – la domanda e l’offerta -, che ha cercato di tracciare un profilo sulla richiesta di tecnologia, oggi da parte delle aziende – piccole ma anche di medie dimensioni – a vocazione artigianale. Il quadro emerso è quello di una trasversalità in atto, che da un lato “ingegnerizza” il saper fare dell’artigiano e dall’altro ammorbidisce la serialità della grande industria nelle sfumature del pezzo unico. Senza dimenticare il ruolo centrale che l’informatica e il mondo delle applicazioni software stanno sempre più giocando nel settore, fino a diventare quasi il nuovo confine capace di discriminare una nuova modalità produttiva in interazione con il cliente e una forma che potremmo dire protoindustriale collocata nell’alveo della manualità e dell’arte applicata. Gli argomenti all’ordine del giorno sono stati chiari e articolati, e dalla discussione non emersi molti spunti di un possibile approfondimento su un tema quanto mai attuale.
Giancarlo Cinci, titolare della MC Infissi di Prato, vicepresidente nazionale Cna settore Legno infissi e vicepresidente Consorzio LegnoLegno, ha subito messo sul tavolo della discussione l’assunto secondo cui l’artigianato, oggi, non è più il mestiere “romanzato” dei decenni e secoli scorsi ma non è neppure diventato un’industria: la mentalità artigiana legata al valore aggiunto e alla qualità da pezzo unico si traduce, anzi, in una nuova opportunità di lavorazione offerta dalle tecnologie, integrate con un’elevata manualità lontana dall’automazione spinta. Abbinando la manualità dell’artigiano e la tecnologia delle macchine, ha spiegato, è possibile far sì che il prodotto finito sia tecnologicamente avanzato e di elevata qualità.
L’approccio artigianale alla produzione richiede che anche la tecnologia di ultima generazione sia declinata in release adeguate. Su questo il Gruppo Homag lavora da anni, come ha ricordato Mario Caspani (Homag Italia). Risale infatti a vent’anni fa il lancio della gamma di macchine “Practive” destinata al settore artigianale, per offrire anche alle aziende medio-piccole le tecnologie progettate per la grande industria. Per calare la tecnologia industriale nella dimensione della piccola realtà produttiva non basta semplificare qualche funzione o eliminare alcuni aggregati, ma serve un concept adatto che valorizzi l’alta flessibilità della produzione in tempi rapidi, per permettere all’artigiano di lavorare al passo con le esigenze di una domanda in evoluzione.
Luigi Sella, titolare della Falegnameria Sella Ezio di Tonezza del Cimone (Vicenza) ed esponente della Confartigianato Legno arredo di Vicenza, ha portato nella discussione il punto di vista dell’artigiano a 360 gradi: il tradizionale falegname di una volta, capace di produrre dal serramento al mobile. Un passaggio proficuo, secondo Sella, quello alla tecnologia attuale applicata all’esperienza dell’artigiano; ma all’elevata soddisfazione per le nuove funzionalità apportate al processo di lavorazione dall’elettronica e dal controllo numerico, a fare la differenza resta pur sempre la manualità dell’uomo.
Paolo Santi, titolare della Smc di Rosasco (Pavia), ha messo carne al fuoco della discussione proponendo una riflessione sul rapporto artigianato-industria. Un’azienda artigiana non produce di più perchè ha bisogno di produrre più serramenti, questo porterebbe a perdere il peculiare valore aggiunto del lavoro artigianale, ma semmai aspira a produrre meglio o con specificità diverse. Un approccio che però richiede alla base anche un diverso assetto del mercato dove alla sfrenata concorrenzialità e individualismo si sostituisce la capacità di sviluppare un sistema produttivo diverso, come già avviene all’estero, dove artigianato e industria manifatturiera trovino una via comune per superare le difficoltà del mercato.
Ventiseienne, laurea in Ingegneria gestionale, Daniele Dal Dosso è titolare della Dal Dosso di Pratrivero (Biella), ed è la nuova generazione che entra nel mondo artigiano portandovi un bagaglio di conoscenze totalmente diverso.Il passaggio dal lavoro propriamente manuale alla tecnologia avanzata sta spingendo l’artigiano a spostarsi da un aspetto più direttamente produttivo a un aspetto di progettazione modificandone in nuce le competenze. La conoscenza in questo caso non arriva dalla pratica di laboratorio ma da solide basi informatiche che, anche a fronte della costante innovazione, permettono la migrazione di competenze dall’ambito manuale a quello tecnologico. E trovare gli operatori preparati da questo punto di vista non è sempre facile.
Christian Salvador, contitolare della Salvador di San Vendemiano (Treviso), ha sottolineato come la tecnologia ha avuto il merito di ricollegare fra loro le due categorie dell’industria e dell’artigianato, offrendo a quest’ultimo la possibilità di lavorare prodotti simili all’industria per qualità e ripetitività slegandosi di fatto dal ruolo centrale dell’operatore competente. Nel contempo, sempre attraverso la tecnologia l’industria si allontana dalla produzione seriale e riesce a produrre un mobile diverso dall’altro, trovando un diverso approccio tipico dell’artigiano.
Gianluca Adami, contitolare di Gda Tools di Besenello (Trento) e vicepresidente del Gruppo Utensilieri di Acimall, ha posto l’accento sulla rinnovata importanza e centralità dell’utensile nel lavoro dell’artigiano con le nuove tecnologie. Abituati da sempre a vivere in entrambi i mondi – quello artigianale e quello dell’industria – gli utensilieri riscoprono con l’artigiano un rapporto diverso, sulla base di una domanda crescente di personalizzazioni e prodotti diversi. Se una volta l’utensile era visto come un semplice complemento della macchina ora lo scenario è cambiato portando a una nuova consapevolezza del suo utilizzo e quindi della sua scelta: per produrre un mobile o un serramento è quindi sempre più necessaria una collaborazione a più mani anche con l’utensiliere.
Ad Alberto Faccin, responsabile commerciale di Fravol (Peraga di Vigonza, Padova), il compito di aprire una veduta sul futuro: semplificando, la condivisione di una piattaforma software interattiva via Internet che permette di progettare da sé il mobile o altro prodotto e “mandare” direttamente al centro di lavoro i dati di lavoro reimposta su un altro livello il rapporto fra cliente e artigiano, spingendo quest’ultimo verso una nicchia di alta e altissima gamma. Lo spunto è americano e trae origine anche da una collaborazione in atto fra Fravol e un’azienda specializzata statunitense, ma può definire una vera e propria terza via fra industria e artigianato che anche in Italia potrebbe aprire percorsi interessanti di evoluzione: la caratteristica sostanziale di questo software, infatti, è di essere in grado di disegnare e progettare indipendentemente dalle configurazioni della macchina, in modo tale da permettere a qualsiasi privato di disegnare il proprio oggetto e richiederne la realizzazione sulla base di un elenco all’interno di un network condiviso. Non solo, questo approccio potrebbe essere utilizzato anche dal produttore stesso che potrebbe impostare un dialogo diverso con il cliente basandosi su una rappresentazione in 3D.
Biomasse, imballaggio, artigianato:
a Xylexpo 2012 si è parlato di futuro
ultima modifica: 2012-07-09T00:00:00+00:00
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