Incomac di Montebelluna (Treviso) ha messo a punto un modello di concentratore di raggi solari che permette di “sostenere” le altre fonti energetiche nel processo di essiccazione del legname.
Durante Xylexpo è stato sicuramente uno degli stand più visitati. D’altra parte un concentratore solare tirato a specchio (è proprio il caso di dirlo…) applicato al nostro settore è una novità assoluta. E i curiosi non sono mancati, perché l’idea di affrontare un processo energivoro come l’essiccazione con l’aiuto generoso del sole è molto, molto attraente…
“Un progetto che ha origini antiche e finalmente abbiamo realizzato”, ci racconta Paolo Pesente, titolare della Incomac, marchio noto per la produzione di sistemi di essicazione. “Antiche non solo perché l’idea primigenia è da ascrivere ad Archimede di Siracusa, che si narra abbia usato la riflessione e focalizzazione dei suoi specchi ustori per bruciare le navi romane, ma perché già una trentina di anni fa dei clienti di Paesi particolarmente caldi mi sollecitavano a trovare qualche modo per utilizzare tutto quel calore disponibile a costo zero.
I tempi, alla fine, sono maturati: abbiamo avuto una buona idea, messo a punto un progetto – grazie anche a un architetto di Bolzano che ci ha aiutato a definire il design della nostra parabola – e realizzato i primi prototipi. Qualche test e abbiamo subito compreso che poteva funzionare, che potevamo utilizzare i principi di quella che si chiama “tecnologia solare a concentrazione” anche nel mondo della essiccazione”.
E così è nato il concentratore solare “Archimede”…
“… un nome che abbiamo scelto proprio per rendere omaggio allo scienziato e matematico che ci ha dato l’idea… il primo a imprigionare, in qualche modo, l’energia del sole in questo modo. E stiamo parlando di valori importanti: concentrare i raggi del sole può permettere di arrivare a generare temperature di oltre mille gradi!
Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo semplicemente ricoperto una parabola con tanti piccoli specchi che ricevono la luce del sole e la concentrano in un punto, una caldaia nella quale abbiamo installato una serpentina di rame in cui scorre acqua. Stiamo parlando di un circuito che può essere chiuso o aperto, l’importante è che ci sia una fase di scambio con l’aria, con acqua o con altri liquidi termo-conduttori per trasferire il calore dove si desidera, dove serve. Con questo sistema, dunque, è possibile scaldare acqua per qualsiasi impiego, definendo l’impianto per arrivare ai risultati necessari per un determinato obiettivo, che sia scaldare un forno di essiccazione per il legno o pensare al riscaldamento domestico, per rendere più confortevole una piscina o servire un ospedale, un condominio, una scuola, uffici, fabbriche…
Superfluo dire che – vista la nostra storia, il nostro business – la prima applicazione è stata l’essicazione, collegando “Archimede” ai nostri forni come fonte di sostegno”.
L’uovo di Colombo…
“In un certo senso sì, per quanto il principio debba poi essere attentamente studiato e modulato sulla base delle specifiche necessità di ogni processo. Nel nostro caso abbiamo creato una struttura che ci permette di innalzare la temperatura dell’acqua fino a 110 gradi, più che sufficienti per le necessità dell’essiccazione. Ma si può andare ben oltre: proprio nelle giornate di Xylexpo ci siamo confrontati con un costruttore di presse che attualmente impiega olio diatermico a una temperatura di ottocento gradi, uno stimolo per sviluppare una nuova applicazione, un circuito, uno scambiatore adatto che ci permetta di trasferire altissime temperature per un impiego totalmente differente dalla essiccazione”.
La dimensione della parabola è direttamente proporzionale al calore che si può concentrare nella caldaia?
“Certamente. Possiamo costruirne di diverse taglie, sempre calibrate sugli impieghi a cui sono destinate, fino ad arrivare a una superficie di specchi di oltre 40 metri quadrati. Una struttura importante, comunque capace di resistere a venti fino a 120 chilometri orari, grazie ad appositi sensori che, in caso di condizioni meteo avverse, inviano un comando al sistema di rotazione perché la parabola si posizioni in modo da opporre la minore resistenza possibile”.
E come avete risolto il problema dell’”inseguimento” del sole?
“Molto semplicemente: invece di affidarci a sensori più o meno efficaci abbiamo installato nel controllo della parabola un software che, a seconda della longitudine e della latitudine a cui viene installata, stabilisce con grande precisione la posizione del sole in qualsiasi momento del giorno, in qualsiasi stagione, e provvede a far muovere la parabola di conseguenza. Ciò significa che anche con un cielo coperto o parzialmente nuvoloso i nostri specchi sono pronti a raccogliere anche il più piccolo raggio di sole”.
Può darci una idea dell’investimento necessario?
“Certo: si va dalla parabola più piccola, che costa attorno ai 14mila euro, fino ai 26mila della più grande, una cifra che non comprende la costruzione dell’impianto per portare l’acqua al nostro concentratore.
Mi permetta di sottolineare che stiamo parlando di un sistema di co-generazione, una soluzione che si aggiunge ai sistemi tradizionalmente usati per generare il calore necessario all’essiccazione, Non si può certo correre il rischio che una stagione particolarmente negativa, dal punto di vista meteorologico, fermi l’attività. Dunque un sistema che viene affiancato, offrendo energia a un costo assolutamente concorrenziale!
Gli specchi che utilizziamo, inoltre, sono costruiti per durare almeno trent’anni, pannelli in alluminio anodizzato e lucidato, montati su un supporto multistrato, che garantiscono un valore riflettente leggermente superiore a quello di un tradizionale specchio. Basta un poco di pioggia per mantenerli puliti e richiedono pochissima manutenzione.
I test, le prove, le installazioni già effettuate confermano la bontà e l’efficacia del nostro “Archimede” che, fra l’altro, è facilmente integrabile in impianti di essiccazioni esistenti e già operativi.
Le prime reazioni sono state ottime e non solo a livello di immagine; una attenzione che, devo ammetterlo, non riscontravamo da anni e che è fonte di soddisfazione per una soluzione che ci ha impegnato molto”.
“Non le nascondo – conclude Paolo Pesente – che siamo solo agli inizi e che stiamo valutando altre e diverse applicazioni: in tempi come gli attuali, nei quali il mondo del legno pare essere meno generoso, bisogna saper guardare più lontano.
Oggi più che mai ci vogliono idee nuove, bisogna guardare in modo nuovo a problemi noti, tenendo presente che è imperativo guardare alle fonti di energia rinnovabile, a metodi meno energivori”. (l.r.)