E’ tempo di consuntivi per i comparti industriali e anche Acimall, l’Associazione dei costruttori macchine e accessori per la lavorazione del legno, tira le somme di un 2016 decisamente soddisfacente per quanto riguarda le esportazioni.
Una premessa doverosa riguarda l’elevata propensione all’esportazione delle aziende italiane. Circa il 75 per cento delle vendite è realizzato all’estero, rendendo imprescindibile un’accurata analisi dei trend per poter capire dove si sta muovendo il mercato.
La destinazione preferenziale dei nostri prodotti è storicamente l’Unione Europea e anche quest’anno non ci sono sorprese rilevanti; 729 milioni di euro e il 52 pe cento di share sono i numeri del 2016, che evidenzia un aumento dell’8 percento rispetto all’anno precedente. Tengono i mercati maturi come Francia e Germania che acquistano oltre 90 milioni di euro ciascuno e anche gli acquisti dal Belgio mantengono un livello molto elevato.
La Polonia conferma un trend fortemente in crescita; gli acquirenti locali hanno sfruttato al meglio i finanziamenti dell’Unione Europea e contemporaneamente molte aziende italiane hanno avviato processi di internazionalizzazione strutturali nel mercato polacco. Questi due fattori hanno sicuramento favorito la strutturalità dell’importanza di questo mercato.
Proseguendo nell’analisi dei singoli Paesi, merita una menzione particolare la Spagna. Il contesto iberico è stato uno dei più penalizzati durante gli anni della crisi con una perdita di circa il 60 percento. Negli ultimi due anni le imprese italiane hanno ritrovato terreno fertile, come dimostrano i 53 milioni di macchinari esportati nel 2016.
L’altra “sorpresa” dell’anno in analisi è sicuramente il Regno Unito. Con il fantasma della Brexit alle porte e l’incertezza di quello che sarà il mercato valutario nei prossimi anni, i costruttori italiani nel 2016 hanno venduto oltre 100 milioni di euro di prodotti. Il risultato va interpretato e analizzando la serie storica, è evidente che ci troviamo di fronte ad un picco che difficilmente potrà essere ripetuto con costanza nei prossimi periodi. La situazione è sicuramente da monitorare nella prima parte del 2017.
Per completare l’analisi dell’UE, crediamo importante citare l’area balcanica ed in particolare i Paesi geograficamente limitrofi all’Italia. Croazia e Slovenia sono mercati importanti e se ci aggiungessimo anche Serbia-Montenegro e Bosnia Erzegovina, il valore dell’area, in termini di merce esportata, raggiungerebbe il valore di 38 milioni di euro. La facilità di accesso, l’assenza di barriere all’entrata e l’attinenza culturale permettono alla nostra industria di avere un vantaggio competitivo rispetto a Germania e Cina.
Passando all’area Extra Ue, va sicuramente affrontato il discorso Russia. Il subcontinente euroasiatico ha risentito fortemente delle tensioni politiche. Le sanzioni internazionali, la svalutazione del rublo e la difficoltà dell’accesso al credito hanno creato una situazione molto difficile come dimostra il risultato realizzato nel 2016. 34 milioni, seppur con una variazione positiva dell’8 percento, rappresenta una performance deludente se paragonata ai valori pre-crisi che toccarono anche i 100 milioni di euro. In questo contesto particolare va valutato molto bene il discorso del mercato del “nero”. Per evitare le sanzioni si stima che questa particolare nicchia sia aumentata fortemente negli ultimi anni. Questo fatto, se verificato, creerebbe problemi nella reale valutazione del mercato russo.
Tra i Paesi europei citiamo anche la Turchia, Paese che sta vivendo una fase politica molto turbolenta, ma che, nonostante tutto, mantiene forte la propria attività industriale. Nel 2016 gli italiani hanno esportato macchine per oltre 40 milioni di euro confermandosi attivi sul territorio. Da segnalare come negli ultimi anni la Turchia stia cercando di sviluppare, anche grazie a forti incentivi statali, una propria industria produttiva, concentrata prevalentemente sulla seconda lavorazione del pannello.
Proseguiamo la nostra analisi con il continente africano. Lo share totale è del 2,8 per cento; i mercati nordafricani, storicamente profittevoli per la nostra industria stanno attraversando un lungo periodo di crisi a cui, al momento, non si intravede la conclusione. Libia, Egitto e Tunisia hanno realizzato complessivamente nel 2016 circa 8 milioni di euro contro i 30 del periodo pre-crisi. Sicuramente Marocco ed Algeria sono al momento contesti più stabili per realizzare business.
Virando il nostro commento sul Nord America è doveroso analizzare il trend del mercato statunitense, attualmente il primo al mondo con oltre 150 milioni di euro. Gli Usa, negli ultimi tre anni, hanno vissuto un vero e proprio boom per quanto riguarda il comparto delle tecnologie per la lavorazione del legno. E’ stato il primo mercato internazionale ad avviare il processo di ripresa e si è confermato costantemente. I processi di internazionalizzazione sono svariati, dall’export alle joint-ventures, passando per l’apertura di filiali commerciali. Sulla scia degli Stati Uniti, il Canada guadagna venti punti percentuali, realizzando 24 milioni di euro.
D’altro canto il Sud America sta attraversando il momento peggiore. Il Brasile che rappresenta storicamente il primo mercato continentale, perde oltre 70 punti percentuale raggiungendo il minimo storico di 11,6 milioni di euro. In questo particolare contesto, va valutata l’incidenza delle filiali produttive che, ovviamente, non rientrano nel valore delle esportazioni. L’Argentina, altro mercato poco performante specialmente negli ultimi anni, ha acquistato tecnologia per 9 milioni di euro, in sostanziale stabilità rispetto al 2015.
Cambiamo completamente zona del mondo e analizziamo i risultati dei mercati orientali. Il Medio Oriente ha acquistato macchinari per 49 milioni di euro con uno share pari al 3,5%. In questo contesto i primi due mercati sono gli Emirati Arabi Uniti e Israele, rispettivamente con un valore di 14,7 e 12,8 milioni di euro.
Passando all’Estremo Oriente, la Cina è sicuramente il Paese più importante. L’area ha evidenziato una crescita molto interessante nel 2016 pari al 33,3 per cento. L’incognita rimane il processo di internazionalizzazione, ostacolato dalla forte concorrenza della produzione locale che agisce sul mercato interno. Le imprese italiane hanno esportato tecnologie per un valore pari a 67 milioni di euro.
Anche l’India, eterna promessa per diventare un mercato top, registra un risultato importante. 24 milioni di euro ed una variazione positiva di oltre 40 punti percentuale sono numeri ragguardevoli su cui, però, grava l’incertezza della conferma per il 2017. Il mercato indiamo ha sempre attratto i costruttori italiani che hanno sempre riscontrato criticità lungo il processo di internazionalizzazione. La mancanza di un partner efficace, la scarsa preparazione degli utilizzatori alle tecnologie avanzate e l’elevata flessibilità della domanda alla leva del prezzo sono i problemi storici del subcontinente asiatico che, comunque, con un miliardo di abitante può contare su una domanda di prodotti latente non trascurabile.
Il Sud Est Asiatico si conferma discreta “terra di conquista” per i nostri costruttori; Indonesia, Malesia, Singapore, Tailandia e Vietnam hanno realizzato complessivamente 40 milioni di euro in leggero aumento rispetto al 2015.
Concludiamo la nostra analisi con l’Oceania che sostanzialmente coincide con il mercato australiano. Nonostante la distanza geografica importante, l’interesse delle aziende italiane è in crescendo e i processi di internazionalizzazione sono estremamente attivi. Nel 2016 sono state esportate macchine italiane per un valore superiore ai 30 milioni di euro, quasi il doppio del 2015.