Un anniversario non è solo una data sul calendario, ma anche un momento per guardarsi indietro, ripensare alla strada fatta per arrivarci e ripercorre i passi più importanti della propria storia. E se tutti i compleanni sono importanti, il cinquantesimo ha qualcosa in più: è un crocevia tra passato, presente e futuro, il momento di fare bilanci e fissare nuovi obiettivi. Perché nella vita, come sul mercato, non bisogna mai accontentarsi. Cinquant’anni di Nastroflex, cinquant’anni di una delle più longeve aziende nel settore degli abrasivi, ripercorsi con Italo Rossetto, direttore commerciale dell’aziende trevigiana dal 2009, ma membro della “famiglia” fin dal 1985, quando entrò in azienda come responsabile dell’ufficio vendite. Una famiglia decisamente “allargata” e composta da 110 persone, con due stabilimenti, il principale a Ponte di Piave, alle porte di Treviso, dove c’è anche la sede aziendale, il secondo a Trezzano sul Naviglio, vicino Milano.
“Nastroflex nacque nel 1970 quando Antonio Palù, padre del nostro attuale titolare Carlo Palù, costituì la società, ma l’idea si fece strada nella sua mente molto tempo prima, prendendo forma gradualmente. Già diversi anni prima, infatti, si rese conto che nel triveneto non era semplice ottenere dei prodotti abrasivi efficaci, nonostante l’importante presenza di aziende del mobile. È vero, qualche distributore c’era, ma non era possibile reperire tutti i prodotti, così si mise in proprio e iniziò a importarli direttamente dal nord Europa. Poi, tra anni Settanta e Ottanta, con l’ingresso in società di Carlo avvenne la nostra “conversione”. Cominciammo a creare una nostra produzione, non limitandoci più a fare da distributori, ma ponendo le basi di quello che oggi è Nastroflex, ovvero un’azienda leader in Italia e tra le più importanti a livello internazionale per la produzione di nastri abrasivi”.
Un inizio dettato da una “necessità”, un prosieguo segnato da diverse tappe fondamentali. Quali sono stati i momenti salienti che hanno portato Nastroflex a imporsi sul mercato?
“Dopo una lunga fase iniziale il primo vero punto di svolta arrivò nel 1985, quando ci fu l’acquisizione di Italiana Abrasivi e del suo stabilimento di Trezzano sul Naviglio che utilizziamo ancora oggi. Anche il 1992 fu un anno importante per noi, quando introducemmo la nostra prima gamma di nastri abrasivi con grane fini per il mobile lucido, mentre dieci anni dopo sviluppammo la linea automatica per la conversione di nastri alti, fummo i primi al mondo e resta anche oggi uno dei nostri fiori all’occhiello. Poi, nel 2010, abbiamo avviato la produzione di nastri segmentati per i produttori di pannelli mdf e pb. Queste tre tappe ci hanno permesso di esportare il nostro coccodrillo in tutto il mondo”.
Il coccodrillo, il simbolo che accompagna l’azienda da tanto…
“…ma non da sempre. Se dal punto di vista dell’innovazione tecnica possiamo segnalare quei tre momenti, dal punto di vista del brand non possiamo non citare il 2003, quando in seguito all’acquisizione di Naxoflex, un’azienda svedese i cui prodotti distribuivamo in Italia, decidemmo di adottare il loro simbolo, che adesso è conosciuto in tutti i continenti e rappresenta un marchio di qualità che ci accompagna da tempo e che ci ha fatto conoscere anche all’estero, principalmente nel settore del legno, che rappresenta il nostro core business, in seguito anche nel ramo del metallo. Facendo una stima potremmo dire che il legno rappresenta oltre il sessanta per cento del nostro volume di affari, mentre il metallo circa il trenta. Il nostro obiettivo è equilibrare queste percentuali, aumentando il fatturato della nostra linea dedicata al metallo”.
Un anniversario importante arrivato in uno dei momenti più complicati non solo per il settore, ma per tutto il mondo del lavoro e che ha costretto Nastroflex, come le altre aziende, a fare i conti con una situazione imprevedibile…
“Abbiamo affrontato questa emergenza all’insegna della prudenza, cercando di prendere tutte le precauzioni possibili, come suggeritoci da Giorgio Palù, fratello del nostro titolare e uno dei virologi più rinomati, ben consapevoli di dover stare molto attenti fin dai primi giorni dell’epidemia, anche in virtù della posizione dei nostri stabilimenti, uno in Lombardia e l’altro in Veneto, ovvero le regioni più colpite. Per questo, per non esporre a nessun rischio i nostri dipendenti abbiamo scelto di chiudere la produzione prima del lockdown decretato dal Governo, per poi riprendere parzialmente poco dopo Pasqua, un paio di settimane prima del “via libera” alle aziende, in quanto un’azienda nostra cliente faceva parte di quella filiera considerata essenziale. Non è stato un momento semplice, come testimonia il fatturato di quei mesi, ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno: stiamo bene e siamo ancora in piedi. Poteva andare decisamente peggio…”.
Un impatto devastante che in molti hanno paragonato alla crisi del 2008..
“Non sono d’accordo in tutta onestà. È vero, il 2020 a livello di fatturato sarà nettamente al ribasso, ma credo che già da questo inverno, al più tardi dalla primavera del 2021 ci sarà una ripresa. Sicuramente lascerà una traccia indelebile, ma non al pari della crisi economica del 2008, le cui conseguenze si vedono ancora sul nostro settore e sull’intero sistema produttivo italiano. Per carità, sarà un periodo decisamente difficile con il settore legno che registrerà una perdita circa del venti per cento, ma ne usciremo. Nel 2008 la crisi è stata strutturale, oggi “traumatica”… ”.
Com’è cambiato in questa fase il modo di lavorare?
“A livello di produzione non è cambiato molto, ci siamo limitati a sanificare gli ambienti e distribuire mascherine, in quanto grazie alla nostra “conformazione” si riesce a mantenere il distanziamento sociale tra i lavoratori senza grandi difficoltà. Chiaramente abbiamo cercato di modificare gli orari di lavoro per evitare di creare assembramenti, soprattutto in entrata e in uscita, ma senza dover stravolgere nulla. Il vero problema sarà per la parte commerciale. Non poter vedere i clienti di persona, ma doverci limitare nella maggior parte dei casi a un approccio molto “virtuale”, tra Skype e Zoom è come uno stato di prigionia. Il contatto e il rapporto con il cliente sono fondamentali per noi, soprattutto per noi che facciamo del contatto e del rapporto diretto con cliente un punto di forza. In fondo siamo stati tra i primi nel nostro settore a puntare così tanto sul servizio pre e post vendita”.
Non solo un modo di lavorare, ma una vera e propria filosofia…
“Per ogni fase della lavorazione c’è un prodotto più o meno adeguato, più o meno specialistico. Il nostro intento è quello di mostrare ai clienti che la tendenza a “generalizzare”, a fare di tutta l’erba un fascio e non considerare che la differenza tra un tipo di abrasivo e l’altro è evidente, sia controproducente. Per questo noi puntiamo molto sul dialogo e sul rapporto diretto con il cliente, oltre che su una rete commerciale fatta di persone preparate e competenti. La tendenza è quella di scegliere il prodotto migliore leggendo le schede tecniche, noi proponiamo un approccio decisamente più attento. Per questo la parola chiave per noi è multiconcept: ovvero la possibilità di scegliere prodotto diversi in base alla necessità bilanciando le prestazioni e, al tempo stesso, sfruttare nuovi prodotti che si basano su supporti multipli combinati assieme per unire le migliori caratteristiche di ognuno”.
Una tendenza più a dettare il mercato che a seguirlo passivamente che ha portato in casa Nastroflex a degli ottimi risultati, sia sul fronte interno che su quello estero. “Ora come ora il mercato estero pesa per il quaranta per cento sul nostro fatturato, con un continuo processo di espansione in Europa e in Medioriente, mentre stiamo registrando un calo nel continente americano. In parte possiamo collegarlo all’emergenza del momento, come per Brasile e Cile che stanno attraversando la loro fase più acuta, ma in realtà questo trend era già cominciato. Soprattutto nel Nord America c’è una tendenza sempre più diffusa a spostare gli ordini verso l’estremo oriente, tra Vietnam e Cina. Il mercato italiano, invece, resta sempre molto vivo e interessante. Negli scorsi anni abbiamo avuto un calo derivante dalla lunga coda della crisi e dal fatto che nel nostro Paese la lavorazione del legno grezzo è quasi scomparsa, ma noi restiamo attivi nella lavorazione del pannello grezzo e sul mercato delle vernici e del mobile lucido, dove manteniamo la nostra leadership”.
Una leadership dettata dalla costante voglia, in quel di Ponte di Piave, di migliorare la propria gamma di prodotti.
“Fare innovazione nel nostro campo non è semplice, anzi. Nel mondo dei nastri abrasivi le rivoluzioni sono state sempre molto rare e per lo più dovute all’introduzione e all’utilizzo di nuovi materiali, come l’ossido di Zirconio e l’ossido di Ceramico, la vera innovazione per noi è dovuta all’affinamento dei materiali già esistenti e all’introduzione di piccole, ma efficaci novità, come, per esempio, l’introduzione del trattamento antistatico o quelle di supporti in film poliesteri e la tendenza a virare verso una linea sempre più green, amica dell’ambiente ed ecosostenibile. Non saranno vere e proprie rivoluzioni, ma decisi passi avanti che ci hanno permesso di essere qui dopo cinquant’anni”.
Cinquant’anni sono trascorsi, ma quali sono i progetti di Nastroflex per i successivi cinquanta?
“Devo essere onesto – ci racconta Rossetto con il sorriso sulle labbra – c’è un dettaglio che ho sempre invidiato alla forma mentis dell’estremo oriente: la capacità di progettare e di mettere su carta delle visioni a lungo termine anche in settori nei quali è difficile farlo. Per il futuro noi abbiamo le idee chiare, ma parlare di progetti veri e propri non è possibile, noi abbiamo un obiettivo che perseguiamo e continuiamo a perseguire: esportare il simbolo del coccodrillo in tutto il mondo, continuando a mantenere la nostra leadership nel settore del legno e incrementando la nostra presenza in quello del metallo e delle finiture. Non sarà semplice, ma la crescita degli ultimi cinquant’anni e la qualità dei nostri prodotti parlano per noi”.