La guerra in Ucraina ha esacerbato le criticità sulle catene di fornitura originate dalla pandemia, con forti aumenti dei prezzi di alcune materie prime e con crescenti ritardi e rincari della logistica merci che ostacolano la normale operatività delle imprese.
Nel primo trimestre 2022, infatti, più della metà delle imprese manifatturiere del Nord-ovest (51 per cento) ha dichiarato di subire ostacoli alle esportazioni. Tra i principali fattori avversi, emergono i “prezzi e costi” (per il 24 per cento delle imprese) e l’“allungamento dei tempi di consegna” (per il 15 per cento). Inoltre, è aumentata in modo considerevole, dal 8 per cento del quarto trimestre 2021 al 26 per cento del primo trimestre 2022, la quota di imprese che evidenzia “altri fattori” tra i principali ostacoli che condizionano l’export, un incremento almeno in parte riconducibile all’instabilità causata dal conflitto Russia-Ucraina. Un primo focus riguarda quindi la logistica, sia nei tempi di consegna sia nei costi.
Per quanto riguarda l’“allungamento dei tempi di consegna”, la crisi in Ucraina si inserisce in un quadro della logistica già caratterizzato da forte incertezza: lungo tutto il 2021 i ritardi nelle catene di fornitura si sono via via intensificati, per poi diminuire tra gennaio e febbraio 2022, complici i primi segnali di allentamento delle restrizioni pandemiche rilevati nei mesi di gennaio e febbraio. Ma a marzo 2022, con lo scoppio della guerra, i tempi medi di consegna sono tornati a crescere in tutta l’Area euro.
Sul fronte dei costi, l’invasione dell’Ucraina ha determinato rincari considerevoli dei noli delle rotte marittime limitrofe ai territori colpiti, con riferimento sia alle petroliere di piccola taglia impiegate tra il Mar Nero e il Mediterraneo, sia alle navi cargo che trasportano grano e cereali passando dal Mar Nero. I rincari locali connessi alla guerra per il momento non incidono sugli indici aggregati, con i costi di spedizione globali che proseguono a muoversi lungo i trend precedentemente in atto (stazionarietà su alti livelli dei costi del cargo aereo e soprattutto dei noli container, alta volatilità per le portarinfuse).
Un secondo focus riguarda i prezzi delle materie prime che, a oltre un mese dall’inizio del conflitto, si mantengono su livelli più alti di quelli di inizio febbraio 2022 e soprattutto ben superiori rispetto al periodo pre pandemia. Il prezzo del gas naturale europeo, dopo lo straordinario picco di inizio marzo, il 28 marzo 2022 si attesta sui 102,5 €/MWh, registrando un più 818,2 per cento rispetto a gennaio 2020; il prezzo del greggio prosegue su un trend di crescita (più 79,0 per cento); forti tensioni si confermano anche per i prezzi di frumento e mais (più 89,4 per cento e più 96,2 per cento), olio di girasole (più 182 per cento) e per il fertilizzante urea e nitrato di ammonio (più 396 per cento). L’acciaio non riesce a riassorbire l’aumento registrato dopo lo scoppio del conflitto (più 208,3 per cento); il prezzo del nichel continua a caratterizzarsi per elevata volatilità (più 154,3 per cento); alluminio e rame restano a livelli particolarmente elevati (più 106,0 per cento e più 71,2 per cento).
Nel primo trimestre 2022 più della metà (50,8 per cento) delle imprese manifatturiere del Nord-ovest dichiara ostacoli alle esportazioni, una percentuale in netto aumento rispetto al trimestre precedente (41,3 per cento nel quarto trimestre 2021) e che si avvicina ai livelli post lockdown del terzo trimestre 2020 (52,9 per cento).
Tra i principali ostacoli alle esportazioni, si confermano l’“allungamento dei tempi di consegna” (per il 14,8 per cento delle imprese del Nord-ovest) e i “prezzi e costi” (per il 24,1 per cento). Inoltre, è aumentata in modo considerevole la quota di imprese che evidenzia “altri fattori” tra i principali ostacoli che condizionano l’export: dal 7,7 per cento nel quarto trimestre 2021 al 25,5 per cento nel primo trimestre 2022, un incremento almeno in parte riconducibile all’instabilità causata dal conflitto e dalle conseguenti sanzioni alla Russia.
A marzo 2022 si evidenzia un nuovo allungamento dei tempi di consegna delle merci
Per quanto riguarda l’ostacolo “allungamento dei tempi di consegna”, la crisi in Ucraina si inserisce in una situazione della logistica già di forte incertezza. Infatti, per tutto il 2021 le imprese manifatturiere del Nord-ovest hanno risentito in misura sempre più intensa di ritardi nelle catene di fornitura: se a inizio 2020 solo il 5,4 per cento delle imprese dichiarava di subire allungamenti nei tempi di consegna, nel primo trimestre 2022 la percentuale è al 14,8 per cento. Rispetto a fine 2021, la situazione media dell’ultimo trimestre risulta in miglioramento, ma se nei mesi di gennaio e febbraio i primi segnali di allentamento delle restrizioni pandemiche hanno comportato un parziale riassorbimento delle tensioni, a marzo 2022 gli effetti del conflitto sono evidenti sulla logistica di tutta l’Eurozona: secondo IHS Markit, “…la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno causato ampi ritardi sulla catena di fornitura, aggravando i disagi sulla distribuzione già provata dalla pandemia, inclusi i ritardi dovute alle nuove chiusure in Cina. Dopo l’alleggerimento avutosi a febbraio, i tempi medi di consegna di marzo si sono nuovamente allungati e al tasso maggiore da novembre scorso.”
Sul fronte dei noli, intensi rincari interessano le rotte navali del Mar Nero
Al momento, i rincari nei costi di spedizione delle merci interessano in particolare le rotte navali limitrofe ai territori colpiti dal conflitto, mentre gli indici complessivi globali proseguono lungo i trend precedentemente in atto.
Nello specifico, i noli per le petroliere di piccola taglia impiegate tra il Mar Nero e il Mar Mediterraneo sono schizzati appena dopo l’avvio dell’invasione, in particolare la rotta da Novorossiysk ad Augusta è salita del più 96 per cento nella settimana tra il 21-28 marzo 2022 rispetto a gennaio 2020, mentre nelle settimane prima del conflitto era sotto i livelli pre Covid del -23 per cento.
Forti incrementi dei noli si misurano anche per le navi cargo che trasportano grano e cereali passando dal Mar Nero, specialmente quelle che partono dai porti di Novorossiysk (più 178 per cento dal pre Covid) e Azov (più 189 per cento la rotta diretta in Turchia e più 138 per cento in Egitto).
Si tratta comunque di rotte regionali, i cui rincari per il momento non incidono sugli indici aggregati globali, che mantengono un profilo in linea con i trend precedenti l’inizio della guerra: i costi del cargo aereo e soprattutto dei noli container si confermano sugli alti livelli di inizio 2022 e continua il rialzo recente per le navi portarinfuse.
Più nel dettaglio, l’indice dei noli marittimi di navi container si conferma su livelli molto elevati: nella settimana tra il 21 e il 28 marzo 2022 l’indice si è attestato sopra il pre Covid (che corrisponde a gennaio 2020) del più 508 per cento, in linea con il più 526 per cento registrato nelle settimane pre conflitto (1-23 febbraio 2022).
I noli riferiti alle navi portarinfuse secche, dopo il calo tra fine 2021 e inizio 2022, sono tornati a salire da febbraio (più 319 per cento nel periodo 1-23 febbraio rispetto al pre Covid) proseguendo anche a marzo (più 445 per cento nella settimana 21-28 marzo 2022).
Per quanto riguarda i costi delle spedizioni aeree, il prezzo delle principali rotte aree intercontinentali nella settimana tra il 21-28 marzo 2022 è del più 153 per cento sopra al pre Covid su livelli lievemente superiori al più 145 per cento del periodo pre conflitto.
Si confermano le forti tensioni sui prezzi delle materie prime
A oltre un mese dall’inizio del conflitto, i prezzi delle materie prime si mantengono ancora superiori a quelli registrati nella prima parte di febbraio 2022.
Tra le materie prime energetiche, il prezzo del gas naturale europeo, dopo lo straordinario picco raggiunto il 7 marzo scorso (227 €/MWh), il 28 marzo si attesta sui 102,5 €/MWh, un livello oltre nove volte (più 818,2 per cento) superiore a quello pre Covid; il prezzo del greggio prosegue su un trend di crescita (più 79,0 per cento rispetto a gennaio 2020).
Anche i prezzi di alcuni prodotti agricoli hanno recentemente registrato notevoli incrementi. La crisi in Ucraina ha attivato forti rincari delle quotazioni di frumento (più 89,4 per cento rispetto a gennaio 2020), mais (più 96,2 per cento) e olio di girasole (più 181,6 per cento). Anche i prezzi dei fertilizzanti hanno evidenziato notevoli aumenti, come la soluzione di urea e nitrato di ammonio (UAN), ora al più 396,0 per cento rispetto al pre Covid.
Sul fronte dei metalli, l’acciaio sembra non riassorbire l’aumento registrato all’indomani dello scoppio del conflitto, attestandosi al più 208,3 per cento. Si prolungano anche le tensioni sul mercato del nichel, dove le contrattazioni si caratterizzano per elevata volatilità e i prezzi restano elevati (più 154,3 per cento). Infine, anche le quotazioni di alluminio e rame restano a livelli particolarmente elevati (più 106,0 per cento e più 71,2 per cento).