L’incontro con questa piccola realtà di Lozzo di Cadore, in provincia di Belluno, ci ha offerto la possibilità di toccare con mano come legno, tradizione, tecnologia e passione possano essere riuniti in un mix assolutamente esplosivo!
“Il nostro laboratorio artigianale si trova ai piedi delle Dolomiti. È da questo spettacolare ambiente che proviene la nostra passione per il legno. Una materia senza tempo, che abbiamo scelto di lavorare in maniera artigianale e di rispettare anche dal punto di vista ambientale. Siamo convinti che il legno vada valorizzato al massimo ed è per questo che lo usiamo per realizzare arredamenti di alto pregio, costruiti su misura e a regola d’arte. Utilizziamo in particolare il legno antico, dandogli nuova vita. Ma ci piace accostare anche altri materiali come il vetro, l’acciaio, la pietra, illuminando il tutto con luci particolari capaci di creare un’atmosfera rilassante e piacevole.
Il nostro impegno e la nostra passione vengono messe al servizio di chi non solo apprezza il bello, ma sa anche cogliere il valore di un’opera artigianale autentica e ricca di personalità”.
Sono state le prime parole che abbiamo letto nel sito della Dolomwood, accompagnate da una immagine dei volti sorridenti dei suoi due fondatori. Parole che descrivono in modo assolutamente esauriente la realtà che abbiamo avuto il piacere di incontrare in una splendida giornata di aprile, arrampicandoci – in auto, ovviamente – sulle pendici delle Dolomiti, in uno scenario d’incanto.
A dire il vero la curiosità era proprio forte, da quando da Biesse – realtà che non ha bisogno di alcuna presentazione – ci avevano segnalato la possibilità di questo incontro per scriverne: “Sai, sono stati loro a realizzare il nuovo Bivacco Fanton, una cosa spettacolare, a 2.600 metri d’altezza, nel cuore delle Dolomiti bellunesi…”.
Un paio di telefonate e l’appuntamento è fissato. Ad accoglierci è Filippo Corisello, fondatore della Dolomwood con il socio, Filippo Tremonti. Una salda stretta di mano, un sorriso aperto, una falegnameria che guarda verso una corona di monti da cartolina, un cielo così blu da sembrare finto…
“Io e Filippo – ci racconta Corisello – siamo amici da sempre e nel 2009 abbiamo deciso di metterci in proprio, di continuare a fare i falegnami ma con un progetto diverso, nostro. Attorno a noi decine di realtà di piccole e grandi dimensioni tutte concentrare sulla occhialeria, la vera vocazione di questa valle, un settore nel quale le cose sono però diventate più difficili… e poi noi avevamo il legno in testa! Veniamo da generazioni di falegnami, da un legame quasi affettivo con questo materiale. Un artigianato moderno, da portare avanti con tecnologie e metodo, ma con enorme rispetto per questa materia prima così nobile e così legata alla nostra vita, alla nostra passione per la montagna”.
E i contorni cominciano a definirsi: i due Filippo sono amanti della scalata, adorano la loro terra, sanno lavorare il legno con le macchine più moderne e non c’è voluto molto di più per far sì che il Cai, il Club alpino italiano di cui fanno parte, desse a loro l’incarico di costruire le strutture in legno del nuovo Bivacco Fanton.
Un sogno: mettere insieme il loro lavoro con il l’amore per la montagna, il coronamento di un progetto nato nel 2009, quando Dolomwood venne fondata. Anni difficili, di sofferenza vera, perché da queste parti nessuno li conosceva, a nessuno veniva in mente di rivolgersi a loro per un mobile, una porta… anni difficili, un periodo di crisi che tutti ben ricordiamo e che ha portato molte falegnamerie, anche importanti e non solo della zona, a chiudere i battenti. Loro hanno tenuto duro, grazie anche a un contributo europeo per l’imprenditoria giovanile che ha permesso di investire subito in tecnologia. Hanno trovato lo spazio adatto e l’hanno riempito di machine, tutte moderne, convinti che fosse necessario poter disporre di questi strumenti per raggiungere gli obiettivi che si erano posti. E il tempo ha dato loro ragione…
“Devo ammettere che abbiamo bruciato i tempi e in soli dodici anni siamo riusciti a dare corpo a una impresa solida, che ha saputo farsi conoscere e apprezzare perché noi facciamo ogni cosa a regola d’arte, senza compromessi”, aggiunge Filippo Corisello.
“Andiamo dai clienti a prendere le misure, progettiamo in 3D, realizziamo i rendering degli ambienti che proponiamo, costruiamo anche il minimo particolare e ci occupiamo della posa in opera. Spesso, quando non usiamo il legno massello, produciamo anche i pannelli che ci servono, rivestendo il listellare o il lamellare con tavole sottili di legno massiccio che abbiamo ricavato da legno vecchio, recuperato da qualche baita o da qualche casa ristrutturata. Usiamo l’abete, lo prepariamo, lo rivestiamo, lo mettiamo in pressa… ci piace lavorare così, dando significato a tutto il materiale che usiamo… non le nascondo che ci piacerebbe molto arrivare a creare una vera e propria filiera, coinvolgendo le segherie e le altre imprese della nostra valle che possono essere interessate…”.
“Quando la tempesta “Vaia” ha distrutto gran parte dei nostri boschi avremmo potuto disporre di enormi quantitativi di legno da trasformare, invece di svenderlo ai colossi austriaci che poi ci hanno rivenduto i semilavorati a prezzi assurdi”, aggiunge Filippo Tremonti. “Se avessimo avuto la forza per fare squadra, se fossimo in grado di creare realtà di maggiori dimensioni con altre capacità produttive avremmo dato respiro a una vera, autentica cultura della montagna e delle risorse che offre, una imprenditoria legata al territorio, alla terra, alla natura…
È tutto questo ci ha portato a fare una scelta di vita e non solo di stile, lavorando il legno perché si veda, si senta che è legno, aggiungendo questo “valore” ai desideri dei nostri clienti o ai progetti degli architetti con cui collaboriamo”.
Torniamo per un attimo agli inizi della vostra storia…
“Eravamo in uno spazio ancora più piccolo rispetto ai 400 metri quadri di cui disponiamo ora. Ci abbiamo messo gli impianti, le prime macchine tradizionali e poi quelle più moderne, un centro di lavoro che ci ha fatto fare un enorme balzo in avanti. Non ci dispiacerebbe avere più spazio, ma abbiamo scelto fin da subito di essere una piccola realtà, una falegnameria artigianale perfettamente attrezzata per essere ciò che vogliamo e abbiamo sempre voluto, ovvero fare le cose per bene, proporre sempre la massima qualità, lavorare il legno non per poter produrre e fatturare di più, ma per fare le “cose giuste”, per dare a chi ci sceglie la qualità, la bellezza che nasce dal legno delle nostre montagne”.
“La scelta di macchine più performanti nasce anche dal rispetto per il legno, dalla volontà di ottimizzarne al massimo l’impiego, di ridurre al minimo gli scarti”, interviene Filippo Corisello. “La tecnologia ci permette anche questo, oltre a semplificare il nostro lavoro quotidiano: il centro di lavoro Biesse che abbiamo acquistato nel 2018 ne è una dimostrazione. Io e il mio socio ci ripetiamo sempre che se avessimo un pò più di spazio ne compreremmo immediatamente un secondo, un sogno che abbiamo sempre avuto e che abbiamo realizzato quattro anni fa quando – pur disponendo di macchine molto performanti! – abbiamo scelto di fare il salto verso una tecnologia diversa, nuova, restando al passo coni tempi. Abbiamo sempre scelto quello che per noi era il top delle machine classiche e lo stesso abbiamo fatto con il centro di lavoro: siamo andati in qualche fiera, abbiamo letto e verificato e alla fine la sceltà è caduta sul “Rover A” di Biesse, confortati anche dal fatto di avere una loro sede a poco più di un’ora di distanza da noi, a Codognè, in provincia di Treviso.
Fortunatamente non abbiamo avuto bisogno di loro molto spesso – aggiunge Corsello sorridendo – e con la teleassistenza si sistemano molte cose in un tempo velocissimo: quando ne abbiamo avuto bisogno è bastato “aprire un ticket” e nel giro di mezza giornata tutto è stato sistemato”.
“Ammetto che all’inizio ero scettico”, interviene Filippo Tremonti. “Forse sono un po’ all’antica e mi spaventava l’idea di una macchina così “automatica”: ora non potrei più farne a meno, avendo avuto modo di toccare con mano cosa significa poter lavorare con un buon centro di lavoro, quanto cambi il modo di lavorare, come tutto possa diventare più semplice, con una qualità e una riduzione delle possibilità di errore che non avrei mai sospettato!
C’è voluto tempo per conoscerci, diciamolo: sono macchine che nascono da un “concetto industriale”, se mi passa la definizione, e vederle all’opera sui nostri materiali per fare quello che noi facciamo… anche i tecnici Biesse che si sono occupato dell’installazione erano un poco perplessi, ma alla fine i fatti hanno dimostrato che mai scelta fu così azzeccata e oggi possiamo dire che almeno l’80 se non il 90 per cento dei lavori che facciamo passano dal nostro “Rover”. Dobbiamo essere molto attenti al posizionamento e al fissaggio del pezzo da lavorare, dal momento che non sempre la superficie è assolutamente regolare, ma oramai sappiamo come fare…”.
Raccontateci l’avventura del bivacco Fanton…
“… un lavoro che non avremmo potuto fare senza il centro di lavoro: dovevamo “vestire” la struttura portante del bivacco Fanton, realizzata in alluminio e zinco-titanio, di cui ci sono stati forniti i rilievi fatti con uno scanner laser”, ci raccontano. “Queste informazioni sono state poi trasformate in dati di progetto e, con gli architetti dello Studio Demogo, abbiamo immaginato un ambiente che rispondesse alle rigide funzionalità che un bivacco di alta montagna deve garantire.
Abbiamo caricato nel “Rover A” tutte le istruzioni e avviato la produzione degli elementi necessari, poco meno di 300 pezzi, fra piccoli e grandi, trasportati dagli elicotteri e assemblati in sole tre settimane, grazie alla precisione con sui sono stati realizzati.
Perché la sfida era proprio questa, viste le condizioni: arrivare con tutti gli elementi pronti per essere assemblati, eliminando o limitando al massimo qualsiasi modifica e siamo convinti che se avessimo dovuto contare solo sulle nostre macchine tradizionali avremmo avuto bisogno di molto, molto più tempo, senza considerare quale cifra sarebbe arrivato il costo complessivo dell’operazione”.
Insomma, una piccola realtà (tre persone, con il collaboratore assunto da qualche tempo), investimenti “azzeccati”, amore per la montagna e il territorio in cui vivono e lavorano, sapendo che il legno è un figlio di queste valli, di queste storie, un compagno di viaggio con il quale fare cose splendide. Vogliono restare così, i due Filippo: aprire il portone al mattino con il sole che sorge sulle Dolomiti e godersi il tramonto, prima di andare a casa. Il tempo. Dedicare il giusto tempo a quello che si deve fare, perché sia fatto bene, duri, profumi di queste montagne…