Le variazioni rilevate da Istat nei fatturati (meno 14,9 per cento) e nella produzione (meno 13,9 per cento) del legno e nel fatturato (meno 0,1 per cento) e nella produzione (meno 5,4 per cento) di mobili nel primo semestre 2023 – rispetto allo stesso periodo del 2022 – sono il segno tangibile di un andamento del settore legno-arredo costretto a navigare a vista e a fare i conti con una situazione in continua evoluzione destinata a protrarsi sicuramente per tutto il 2023, se non oltre.
È evidente che al diminuire della richiesta nel settore mobili sia corrisposto un arretramento anche nella produzione di legno, i cui fatturati, nell’ultimo biennio, sono risultati fortemente lievitati per i costi della materia prima e dell’energia. Motivo per cui, la diminuzione di fatturato può in parte essere intesa come conseguenza del recupero positivo dei prezzi delle commodity.
Anche nel confronto fra giugno ’22 e giugno ’23 si evince che è il legno a flettere in maniera più consistente in termini di fatturato (meno 17,1 per cento) a cui va aggiunto un dato molto negativo anche sulla produzione che tocca il meno 13,9 per cento. Il fatturato mobili registra un meno 0,8 per cento, mentre la produzione segna un meno 5,1 per cento.
“Se la consistente flessione del fatturato del legno può essere in parte imputabile al rallentamento della crescita dei costi della materia prima e dell’energia sostenuta invece nel 2022 rispetto al 2021, discorso diverso è il dato sulla produzione dei mobili, indice soprattutto di un rallentamento della domanda e dell’export dei nostri prodotti anche oltre Oceano. Ovvio che – spiega Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo – questi due fattori incidano a loro volta anche sul settore legno che comincia a risentire di una riduzione della produzione, una volta esaurite le richieste del 2022, anno con performance al di sopra della norma”.
Situazione incerta che trova conferma anche nei dati del Monitor elaborati dal Centro Studi FederlegnoArredo su un campione rappresentativo di aziende del settore che rappresenta in termini di fatturato il 18 per cento della filiera, pari a circa 10 miliardi sui 56,5 totali. Nel primo semestre 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, la filiera legno-arredo, registra una contrazione complessiva del 5,9 per cento con un trend negativo sia per il mercato italiano (meno 6,8 per cento) che per l’export (meno 4,5 per cento).
A gravare maggiormente sull’andamento complessivo è il macrosistema legno, che flette del meno 12,6 per cento, (meno 14 per cento le vendite sul mercato nazionale e meno 8,3 per cento l’export), pur con andamenti molto differenziati tra i diversi comparti: dai pannelli in forte contrazione alle coperture, strutture ed edifici in legno invece in crescita.
Il macrosistema arredamento – che rappresenta il 62 per cento delle vendite totali – nei primi sei mesi del 2023chiude più o meno in linea con il medesimo periodo del ‘22 (meno 1,1 per cento): l’andamento complessivo è determinato in particolare dalle minori esportazioni (meno 3,3 per cento) che pesano per oltre la metà di quelle totali e che annullano l’effetto moderatamente positivo del mercato nazionale (più 1,3 per cento).
Volgendo lo sguardo a fine 2023, la rilevazione indica una chiusura d’anno negativa per la nostra filiera a meno 3,3 per cento, con l’export a meno 2,6 per cento e il mercato nazionale a meno 3,8 per cento. Per quanto riguarda il macrosistema arredamento le previsioni parlano di un andamento totale lievemente positivo (più 0,2 per cento) grazie alla maggior tenuta del mercato interno (più 1,3 per cento) rispetto all’export a meno 0,7 per cento. Andamento negativo invece per il macrosistema legno (meno 8,5 per cento totale) senza differenze sostanziali tra mercato nazionale (meno 8,6 per cento) ed estero (meno 8,3 per cento).
“Non sorprende pertanto che, sempre secondo il nostro Monitor, il 39 per cento delle imprese del legno-arredo stia rallentando gli investimenti data la situazione di incertezza a cui si aggiunge la difficoltà nel reperire risorse finanziarie a costi accessibili, a causa degli aumenti dei tassi di interesse e del calo degli affidamenti bancari alle imprese, che segna il minimo storico da oltre 20 anni. Nel primo semestre 2023 – spiega Feltrin – le imprese che dichiarano di risentire di un aggravio dei costi sono l’85 per cento, e sale al 21 per cento la quota di quelle che hanno subito un incremento superiore al 20 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022, evidenziando una tendenza ancora in atto e in peggioramento. Le imprese (circa il 22 per cento) iniziano a evidenziare maggiori difficoltà nell’accesso al credito e per ovviare alla scarsità di liquidità provano a cercare nuovi affidamenti in altri istituti. Il 25 per cento sta valutando di ridurre gli affidamenti e sostenere la crescita con risorse diverse, anche apportate dai soci. Le nostre aziende – conclude Feltrin – sono pronte a rispondere all’ennesima sfida mettendo in atto le strategie per non subire tali conseguenze in modo passivo, ma risulta cruciale prevedere misure di sostegno agli investimenti per tutelare la competitività dell’intero settore”.