Ciff Guanghzhou vince la partita

… una partita che, peraltro, gioca contro se stessa, perchè non ci pare esista un altro appuntamento fieristico così “ciclopico”, una vera e propria flotta di appuntamenti che danno spazio anche a tecnologie e forniture per l’industria del legno e del mobile.

Tornare da Guangzhou significa ritrovarsi improvvisamente nella normalità. Non vorremmo apparire banali, ma ritrovarsi in un Paese dove non c’è bisogno di ricorrere a dati o percentuali per rendersi conto che si cresce a ritmo di samba è stata davvero una emozione. Se qualcuno, speriamo pochissimi, dei nostri lettori non avessero ancora avuto la voglia o la possibilità di confontarsi con la Cina è bene che corra ai ripari al più presto, perchè quanti ci lavorano da qualche decennio non hanno giocato a caso le proprie carte, ma compreso prima di altri che il futuro economico (o una buona parte di esso) ha radici da queste parti.

E non è dunque un caso che la 43esima edizione di Ciff abbia fatto saltare il banco: tanto per cominciare ricordiamo a tutti che questo grande salone dell’arredo – che, lo ribadiamo, offre ospitalità anche a semilavorati e macchine – deve svolgersi in due sessioni per dare spazio a tutti: la prima dal 18 al 21 marzo per gli arredi domestici, la seconda dal 28 al 31 sempre di marzo per l’ufficio. Noi abbiamo visitato questa “seconda fase”, dal momento che è la sessione che comprende i prodotti a noi più “vicini”.

Ricordate anche che questa fiera, in realtà, si svolge due volte all’anno, più o meno con le stesse merceologie esposte: al marzo di cui stiamo scrivendo si aggiunge infatti l’edizione di Shanghai, a settembre.

Il tutto per dire che ci troviamo di fronte a un vero, autentico colosso espositivo: le due sessioni di marzo hanno complessivamente occupato qualcosa come 760mila metri quadrati, nei quali hanno esposto 4.344 espositori che hanno avuto il loro bel daffare con i 297.759 visitatori registrati. Tutti dati in crescita, in modo addirittura spettacolare (da quanto ci hanno detto) sul fronte dei visitatori. Non chiedeteci di più, perchè l’unico problema di questa fiera è la difficoltà nel fornire informazioni un poco più dettagliate ma, diciamoci la verità, a nessuno importa, perchè qui le opportunità di business sono immense, la folla oceanica, il contesto forse un poco confuso ma certamente efficace. Insomma, se la tavola è ricca non è che proprio tutti siano interessati ad avere a propria disposizione un set di quattordici posate diverse.

Una gran bella fiera, soprattutto guardando alla “parte mobile”, indubbiamente più affascinante e glamour degli spazi di componenti e tecnologie, con stand estremamente curati e prodotti per nulla omologabili all’immagine che molti, troppi, hanno della Cina: qualità, design, organizzazione, ricerca di sbocchi oltre i confini dell’Asia le parole d’ordine. Pare che fra i corridoi di Canton non siano pochi coloro che qui firmano ordini pari al 60 per cento del loro fatturato o che in soli due giorni hanno ricevuto ordini per 500 container. Sì, 500. Non è un errore.

Guangzhou – o, come si chiamava una volta, Canton – ha dunque confermato di essere la piazza di maggior successo in Cina e con tutta probabilità dell’intera Asia: vale per il mobile per ufficio, ma anche per il domestico, per le macchine, per i componenti. Ce lo conferma Fabrizio Todeschini, oramai da diversi anni consulente per le attività di comunicazione worldwide della rassegna e assiduo frequentatore di “cose cinesi”: “Oramai le rassegne di riferimento per l’ufficio nel mondo sono tre: Orgatec a Colonia, Neocon a Chicago e Ciff a Guangzhou, in pratica una per continente… i cinesi hanno conquistato questo posto al sole grazie a una industria estremamente moderna, potente, competitiva, cresciuta con le produzioni per i grandi gruppi americani dai quali si sono ora affrancati, arrivando anche a fatturati superiori al mezzo miliardo di euro. A dimostrazione della loro “potenza” il fatto che in fiera non esponga alcun competitor straniero, mentre sul domestico lo spazio per il “made in Italy” e per il “made in Europe” è ancora importante, per quanto le imprese cinesi stiano facendo passi da gigante”.

Tornando per un attimo al tema della grandeur, ecco un dato che ci ha impressionato: benchè il China Import & Export Fair Complex sia uno dei più grandi al mondo, Ciff ha dovuto cercare spazi fuori dal proprio recinto, addirittura sei padiglioni “esterni” per la prima fase”, quella del mobile per la casa, e due per la sessione dedicata all’ufficio…

VENENDO A NOI…
Al traino di questo splendido carrozzone il “nostro mondo”, quella sigla Cifm/Interzum Guangzhou dietro la quale si cela tutto il mondo delle forniture, la numerosissima e sempre più interessante (oltre che qualitativamente valida) produzione cinese che letteralmente sovrasta (perchè si trova ai piani superiori, nonchè per quantità e metri quadrati) l’offerta internazionale affidata a Interzum Guangzhou, una delle “filiali” dell’evento di Colonia.

E dall’altra parte della fiera i tre padiglioni dedicati alle tecnologie, un mondo – con i semilavorati – che secondo le informazioni diffuse dagli organizzatori raccoglie circa 1.500 realtà, di cui il 25 per cento straniere, che hanno occupato circa 150mila metri quadrati.

Spazi importanti, a cui hanno contribuito anche le presenze dedicate alla industria dei materassi e degli imbottiti, ma è indubbio che si tratti di una offerta estremamente ricca, di cui le punte di diamante sono sì i “soliti noti”, ma anche un crescente manipolo di nomi cinesi che stanno dimostrando come l’industria nazionale non sia seconda a nessuno.

Un altro dato interessante: buona parte dell’industria cinese del mobile sta investendo sempre più in impianti “Industria 4.0”. Ne abbiamo avuto conferma negli stand delle imprese italiane e di tutte le più importanti europee, Germania in primis, ma anche da un sorprendente numero di espositori cinesi. D’altra parte ci hanno detto che l’industria dei robot cinesi sta crescendo a vista d’occhio e ci si attende che nel 2019 veda crescere il proprio fatturato di ben il 40 per cento.

Abbiamo visto line “made in China” con sei, sette robot integrati in flussi estremamente “intelligenti” e complessi; non potranno vantare l’affidabilità, la continuità, i volumi delle nostre? Forse, ma la prima volta che abbiamo visitato una fiera in Cina, diciamo un paio d’anni fa, ci pareva di vedere solo machine “grezze”, per le primissime operazioni sul legno; dopo sei mesi abbiamo notato bordatrici ben fatte e dopo altri sei mesi centri di lavoro che, almeno a guardarli, non è che fossero poi così male. Lo scorso marzo ci è parso che l’asticella si sia notevolmente innalzata e che si possa parlare tranquillamente di “fabbrica intelligente”. Non vale per tutti? Certamente. Proprio come in Italia o in Germania.

La sensazione – e non è solo nostra, ma anche di osservatori indubbiamente molto più attendibili di noi – è che ci sia da cambiare la scala di riferimento: in questo mercato non si è più o non si è solo alla ricerca della “bella macchina europea”, ma di cooperazione, di collaborazione, di modalità grazie alle quali guardare al resto del mondo.

Mai come nelle nostre giornate a Guangzhou, arricchite da una serie di incontri “fuori fiera”, è apparso chiaramente che il tempo per venire a vendere sia finite, se rimane fine a se stesso. La competizione con i costruttori cinesi si è indubbiamente e velocemente spostata ad altri livelli e i discorsi si sono fatti più complessi, articolati, se volete anche più promettenti, più costruttivi…

UN NUOVO PARADIGMA

Che cosa fare? Se bastasse visitare una fiera per saperlo saremmo ricchi! In realtà abbiamo guardato a tutto ciò che era intorno a noi senza pregiudizi e abbiamo visto un mondo che è cambiato rispetto anche ai primi passi della nostra pur brevissima frequentazione della Cina.

Fortunatamente abbiamo toccato con mano che molte imprese italiane hanno perfettamente compreso che questo è uno scenario diverso, che la produzione cinese sta indubbiamente crescendo. E se è vero che un grosso gruppo tedesco, qui molto ben rappresentato, avrebbe perso qualcosa come il 50 per cento delle proprie vendite sarà indubbiamente stata colpa di Trump che, con i dazi ben noti, ha di fatto congelato importanti commesse di mobili e, di conseguenza, gli investimenti nelle tecnologie per produrli; ma non si può negare che visto cosa propongono oggi i costruttori di tecnologia cinesi, per alcuni beni non è poi così indispensabile ricorrere alla importazione…

Non è farina del nostro sacco. Non siamo così “dentro le cose cinesi”: più di un importatore, più di un agente, qualche imprenditore europeo ci ha descritto questo scenario e ci ha confermato che il prezzo è ancora una spinta molto forte e, a meno di volere il meglio della tecnologia disponibile a livello planetario, per alcune necessità ci si può tranquillamente rivolgere alla offerta cinese.

Senza contare che alcuni importatori, fra cui un paio con cui abbiamo chiacchierato amabilmente, ci hanno confermato che il repentino trasformarsi della realtà li ha convinti a saltare il fosso e a diventare essi stessi costruttori. In fondo quello che c’era da imparare lo hanno imparato.

TORNANDO A CASA…
In volo verso l’Italia non manca certo il tempo per fare ordine nei pensieri e riflettere su ciò che abbiamo visto e sentito. Per le strade ci sono mediamente auto molto più belle e nuove di quelle che circolano in Italia. Ogni cosa ci pare diversa, un poco più “avanti” rispetto all’ultima volta che eravamo stati qui. Le persone ci sembrano sempre un poco più sicure di se. Le cerniere, le maniglie, i meccanismi esposti nei padiglioni della produzione di ferramenta cinese sono decisamente più vicini agli standard a cui siamo abituati; tanto è vero che abbiamo trovato molta più gente nei “padiglioni cinesi” rispetto allo scorso anno. Ok, per avere il meglio si deve scendere di un piano, dalle parti di Interzum Guangzhou, ma guardate che lì sopra non c’erano certo rottami…


GUARDANDO AL FUTURO

Ci spiace scrivere che, secondo quello che ci è stato detto, il 2019 non dovrebbe essere un anno estremamente positivo per le tecnologie straniere, per i motivi a cui abbiamo accennato. Gli spazi più interessanti saranno riservati a quanti comprenderanno che la Cina è grande, molto grande, e dunque le opportunità non mancano, a patto di avere il coraggio, la volontà e la forza di parlare al più vasto pubblico possibile. A questo proposito ci risulta un certo movimento e che diverse realtà stiano approcciando agenti e rappresentanti più strutturati, che abbiano la possibilità di rivolgersi alle diverse aree del mobile o del serramento della Cina.

Buone opportunità per quanti potranno giocare la carta dell’altissima specializzazione, del “su misura”, delle macchine assolutamente “tailor made”, specialmente per il massello, perché la fascia alta della domanda di arredi vuole il legno, non il pannello, e si sa che da quelle parti la domanda non cessa mai di esistere…

Sempre in tema di tecnologia i nostri vati non hanno dubbi in tema di verniciatura: le macchine a rullo cinesi hanno ormai una qualità “confrontabile”, ma sulla spruzzatura c’è ancora molta strada da fare, una strada che almeno per un po’ potrebbe essere percorsa soprattutto dalla proposta occidentale.

Il tutto facendo i conti con quella “contrazione” dell’edilizia che dovrebbe conseguentemente avere riflessi anche sull’arredo e, ancora, sulle tecnologie per l’arredo, ma francamente non siamo in grado di quantificare quanto questa voce potrebbe pesare negativamente…

 

A LIVELLO MACRO
Il tasso di crescita dell’economia cinese nel 2018 è stato pari al 6,6 per cento, il più basso da un po’ di tempo a questa parte, e fra tanti indicatori che puntano verso il basso  – o, nella migliore delle ipotesi, sulla stabilità – uno solo è decisamente positivo e riguarda il valore aggiunto della produzione high-tech, delle industrie emergenti strategiche e della produzione di attrezzature innovative, valori aumentati rispettivamente dell’11,7, dell’8,9 e dell’8,1 per cento rispetto all’anno precedente. E da queste parti si colloca indubbiamente anche una fetta delle tecnologie migliori per il nostro settore…

La domanda rimane importante: i consumi nel 2018 sono aumentati del 9 per cento, un pizzico meno rispetto al 10,2 per cento del 2017, ma nulla di preoccupante. Stabile l’occupazione e crescono i nuovi occupati nelle aree urbane, stabili anche i prezzi al consumo sono stabili: tutto, dunque, pare indicare che la domanda sarà ancora “complessivamente interessante” e sarebbe bene fare tutto il possibile per cogliere quanto di positivo ciò potrebbe portare anche alle tecnologie italiane ed europee.

La Cina è un Paese esportatore e importatore di macchine per la lavorazione del legno; a livello di import la parte del leone la fa la Germania (324 milioni nel 2018), grazie soprattutto alle commesse di grandi impianti per l’industria del pannello, seguita da Taiwan (92 milioni) e Italia (76 milioni), che in Cina soprattutto macchine per la seconda lavorazione per le quali, come è emerso in fiera, le cose non sono poi così semplici, vuoi per il calo della domanda nell’“housing” ma soprattutto per la grande concorrenza cinese di cui abbiamo già scritto.

L’export è indirizzato soprattutto negli Usa (480 milioni), soprattutto macchine per l’hobbistica e semiprofessionali, in Germania (165 milioni) e Russia (87 milioni). Il quarto e quinto posto sono occupati da Canada e India, dove i produttori cinesi hanno sopravanzato i competitor europei, sviluppando alcune joint venture con ex dealer indiani per produrre macchine con componenti importati dalla Cina, un altro esempio – per quanto da collocare nella giusta dimensione – di come sia indispensabile affrontare l’“affaire Cina” da punti di vista nuovi…

Ciff Guanghzhou vince la partita ultima modifica: 2019-05-20T12:14:57+00:00 da Luca