Spesso dimentichiamo che il Belpaese è uno dei clienti più importanti dei produttori di soluzioni e tecnologie per l’industria del legno e del mobile: una conferma viene dalla più recente edizione dei “Tech&Design Days” di Biesse, riservato agli operatori nazionali.
E così abbiamo prontamente accettato l’invito a Pesaro, dal 20 al 22 giugno scorso, cogliendo l’occasione per approfondire le specificità del mercato nazionale, le tendenze in atto, i cambiamenti nei “massimi sistemi” con Mirco Anselmi, Country Director Italy, e Lanfranco Fontanelli, recentemente chiamato a ricoprire il ruolo di Sales Director Italy.
Ne è emersa una chiacchierata a nostro avviso molto stimolante, una volta tanto lontana dai prodotti e concentrata sulla visione di quanto è accaduto, accade e potrà accadere…
“La “stagione Covid” ha dato a tante aziende l’opportunità di ampliare i propri orizzonti e di impegnarsi nella transizione verso la digitalizzazione”, esordisce Mirco Anselmi. “Molti hanno usato questo tempo, per quanto drammatico, per crescere ed evolversi, prendendo coscienza che il mondo “Industria 4.0” ha bisogno di cultura, di formazione, di training, di aziende che affiancano altre aziende. Partnership è una parola d’ordine sempre più indispensabile ed è il motivo che ci ha spinto a organizzare queste giornate, durante le quali non solo mostriamo le nostre tecnologie più recenti, ma creiamo occasioni di incontro e di confronto con le eccellenze italiane, quelle piccole e medie imprese che – partite magari da una piccola bottega o da un garage – sono diventate aziende che fatturano milioni di euro.
Incontri e seminari molto partecipati, che fanno da tempo parte del nostro modo di raccontarci e di proporre le nostre tecnologie; appuntamenti durante i quali le aziende trovano spunti per potersi evolvere non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche umano e della formazione.
A ciò si aggiunge la nostra voglia di sottolineare sempre il nostro impegno sul versante della multimaterialità, un capitolo di grandissima rilevanza nella nuova storia che Biesse sta scrivendo, mostrando ai clienti tradizionalmente coinvolti nel legno come possano rispondere a una domanda di arredi e prodotti che sempre più spesso nascono dalla convivenza di materiali diversi. Oggi Biesse può offrire un ecosistema indipendente, partendo dalla pietra per i top delle cucine fino al vetro per i serramenti, giusto per fare degli esempi. Senza tralasciare il mondo del composito, degli avanced materials, della plastica. È un discorso avviato già da molte imprese, che da tempo lavorano su più materiali. Non è solo il legno che si avvicina agli altri mondi, ma anche gli altri materiali sono attratti da mondi affini…
Biesse, come oramai tutti sanno, ha voltato pagina e in queste tre giornate abbiamo anche illustrato agli operatori italiani che non c’è solo un nuovo logo, un nuovo colore, ma un cambiamento profondo e una forza nuova”.
E parlando di mercato?
“Qualche preoccupazione non manca, ad ogni livello e in tutti gli ambiti, ma affrontiamo il mare aperto da marinai oramai esperti!”, ci risponde Anselmi con un sorriso. “Anche in Italia stiamo indubbiamente tornando a valori di mercato normali, per quanto sempre sostenuti. Passata quella che mi permetto di definire la “ubriacatura” degli scorsi anni ora per Biesse è tempo di lavorare al fianco delle imprese che hanno investito e vogliono continuare ad andare avanti.
L’intero settore, l’intera filiera sta attraversando un rallentamento della produzione, nell’ordine del 25 per cento rispetto ai record del 2022 secondo tutti gli osservatori, per quanto il portafoglio ordini sia ancora importante.
Sono comunque dell’opinione che il picco di investimenti, tirate le somme, abbia avuto molti aspetti positivi, dando a molti la misura della propria capacità di affrontare cambiamenti profondi e repentini, dimostrando tutta la propria flessibilità riuscendo a gestire ritmi doppi o tripli rispetto al consueto per rispondere alle domande dei clienti.
Per Biesse, impegnata in quattro diversi settori, le onde di questo maremoto si sono intersecate, offrendoci vantaggi che sono negati ad altri”.
“Tutto questo ha certamente contribuito ad avviare una profonda trasformazione nella relazione produttore-cliente: non parliamo più di un semplice scambio commerciale, ma di un rapporto fondato sulla trasmissione di conoscenze”, interviene Lanfranco Fontanelli. “Siamo nell’era di community, come accennavamo, digitali e fisiche, dove si apprezza la facilità del contatto digitale che apre poi la porta agli incontri in presenza. Una lezione importante del dramma che abbiamo vissuto credo sia proprio in questo profondo mutamento delle modalità della relazione e di quanto si desideri contatti che siano sempre più ricchi di contenuti, di competenze, di conoscenze. Questo ha modificato anche i percorsi con cui il potenziale cliente arriva scegliere il proprio partner industriale, una modalità che ci ha visto avvantaggiati proprio per la nostra vocazione a essere “internazionalmente digital” da tempi non sospetti”.
“Il tessuto economico e produttivo italiano è fatto di piccole e medie imprese che si sono dimostrate desiderose e capaci di grandi cambiamenti”, continua Fontanelli. “Pensi solo al centro di lavoro, una tecnologia oramai diffusa e a cosa questo successo abbia significato nella definizione della nostra gamma… un processo inarrestabile, che ci trova oggi impegnati nello sviluppo di sistemi integrati che vedono più macchine singole lavorare insieme, uno step ulteriore che molte piccole imprese stanno già affrontando, ovviamente con tecnologie adeguate alla loro “taglia”.
È un nostro preciso dovere, non solo la strategia che riteniamo vincente, cercare di coinvolgere chi è alla ricerca di innovazione verso step successivi, in tutti i segmenti di mercato. I sistemi produttivi sono cambiati, sono cambiate le tecnologie, si parla sempre più spesso di software di gestione. È cambiato il modo di gestire gli ambienti di lavoro e i cicli produttivi, così come la manutenzione: c’è tutta una parte di servizi che Biesse sta potenziando e ampliando da anni, a partire da una piattaforma come “Sophia”, che permette di monitorare l’andamento e l’efficienza dei macchinari.
Oggi in Italia, come in tutti i mercati evoluti, non si parla di produrre molto, ma in maniera efficiente, con grande attenzione alle risorse e ai fabbisogni energetici. Credo che nessuno abbia avviato un processo di trasformazione come quello scelto da Biesse, con l’obbiettivo finale di essere al fianco di chi ci sceglie a 360 gradi, su ogni fronte, indipendentemente dalla materia che deve trasformare o del prodotto che deve ottenere”.
“I nostri competitor non sono rimasti alla finestra e, come noi, hanno compreso quanto la nostra mission sia cambiata, andando oltre la proposta di strumenti per produrre o per essere più efficaci ed efficienti”, aggiunge Fontanelli. “Per noi è uno stimolo forte, che ci spinge a lavorare per continuare a essere fra i primi, sapendo che l’innovazione non è più incentrata sulla tecnologia, ma che è un processo destinato a risolvere situazioni diverse in mercati che sono in continua evoluzione”.
Esiste, a suo avviso, una specificità italiana?
“Indubbiamente. Non sto parlando dell’essere migliori o peggiori di altri, ma di quella continua ricerca dell’equilibrio fra creatività, spirito di sopravvivenza, capacità di superare le difficoltà, volontà-necessità di rendere più efficaci i processi. Sono peraltro principi che stiamo portando avanti anche in Biesse: fare efficienza, eliminare le ridondanze, essere creativi ma senza farsi prendere la mano… creare forse meno ma meglio, anche perchè alla fine ci si ritrova in troppi a fare le stesse cose”.
“Credo che progettare e costruire tecnologie debba nascere da un mix il più possibile sapiente fra sperimentazione, competenza e genio umano”, interviene Mirco Anselmi. “È così ovunque, anche se in Italia forse abbiamo un dna che ci porta a scegliere percorsi diversi che spesso si rivelano più proficui. La capacità dell’uomo di elaborare dati e materia sarà sempre ciò che fa la differenza ed è proprio per questo – tornando al punto di partenza – che nei nostri “Tech Days” ci piace parlare di esempi di successo, ospitando aziende con cui collaboriamo, di cui siamo fornitori perché raccontino come scelte spesso coraggiose abbiano permesso loro di crescere in modo esponenziale.
In Biesse teniamo sempre ben presente che è nostro dovere rendere straordinaria qualsiasi cosa il nostro cliente intenda realizzare, dandogli gli strumenti per ottenere dalla materia qualcosa che lo renda diverso dagli altri.
Sono convinto che l’“umanesimo digitale” sarà una delle partite più importanti del prossimo futuro, dove l’essere umano farà veramente la differenza interpretando segnali e rielaborandoli con strumenti sempre più performanti, sostenibili, flessibili arrivando a oggetti e beni nuovi, migliori. E queste persone sapranno anche promuoversi, gestire i processi di comunicazione e visibilità della propria azienda, “muoversi” più o meno digitalmente in contesti sempre più ampi, con il mondo come confine”.
Perchè, diciamolo, la tecnologia sarà tendenzialmente sempre la stessa…
“… e la vera differenza la farà la capacità di interpretare dati e informazioni per dare a ciascuno ciò che sogna. Non voglio fare filosofia spicciola: il nostro compito è creare buone tecnologie che vengano scelte dal maggior numero possibile di persone, ma è altrettanto chiaro che mercati e bisogni cambiano velocemente. Negli ultimi anni abbiamo visto come un approccio digitale abbia cambiato drasticamente il modo di relazionarci”.
Un cambiamento generale che ha comunque coinvolto la macchina in quanto tale…
“Fortunatamente sì: in Italia abbiamo visto con chiarezza la necessità di rapportarci a una clientela sempre più frammentata che, quando ha potuto, ha spinto l’acceleratore sugli investimenti per l’integrazione di macchine e impianti in una sorta di “organismo unico”, coerente, con il supporto di una logistica, di automazioni e movimentazioni che definirei “condizionanti”, rispetto al passato. Le piccole e medie imprese italiane hanno investito molto, dimostrando tutta la propria voglia di guardare al futuro, anche se dobbiamo dire che di nuove aziende ne nascono a un ritmo decisamente inferiore rispetto al passato, per cui parliamo soprattutto di sostituzione di macchine.
Analogamente vediamo che anche l’essere “troppo piccoli” oggi pare essere un limite, con acquisizioni o altre forme di aggregazioni sempre più frequenti. Anche questo sarà un tema sulla quale la nostra industria dovrà riflettere…”.