Nel 2024, l’industria italiana costruttrice di beni strumentali ha registrato un calo generalizzato di tutti i suoi principali indicatori economici, segno della profonda difficoltà che il comparto ha attraversato in questi 12 mesi. Il 2025 dovrebbe essere di differente tenore ma i risultati saranno decisamente inferiori a quelli registrati nel 2023.
Questo è, in sostanza, quanto emerge dalle rilevazioni appena effettuate dal Gruppo Statistiche Federmacchine, la federazione delle imprese costruttrici di beni strumentali.
Secondo le stime, nel 2024, il fatturato dell’industria italiana di settore si fermerà a 52.207 milioni di euro, il 7,8 per cento in meno rispetto al 2023. Sul risultato pesano i negativi riscontri raccolti dalle imprese sia sul mercato estero che interno. L’export dovrebbe calare a 36.213 milioni di euro (meno 3,9 per cento).
In particolare, secondo l’elaborazione del Gruppo Statistiche a partire dai dati Istat, principali mercati di sbocco del “made in Italy” di comparto, nel periodo gennaio-settembre 2024 (ultimo dato disponibile), sono risultati: Stati Uniti (2.460 milioni di euro, più 3,8 per cento); Germania (1.850 milioni, meno 4,1 per cento), Francia (1.213 milioni, meno 1,3 per cento), Cina (806 milioni, meno 4,7 per cento), Spagna (730 milioni, più 2,1 per cento).
Le consegne sul mercato interno si stima scendano a 15.994 milioni di euro, meno 15,5 per cento rispetto all’anno precedente, penalizzate dalla drastica riduzione del consumo domestico di macchinari che non andrà oltre 25.239 milioni di euro (meno 17,4 per cento).
Il 2025 tornerà di segno positivo. Secondo le previsioni, infatti, il fatturato crescerà a 53.255 milioni di euro, per un incremento del 2 per cento rispetto al dato del 2024.
L’export risulterà sostanzialmente stazionario attestandosi a 36.456 milioni di euro (più 0,7 per cento).
Le consegne dei costruttori italiani registreranno una crescita, del 5 per cento, a 16.799 milioni di euro, trainate dalla ripresa del consumo domestico che, in virtù di un incremento del 4,3 per cento, raggiungerà i 26.327 milioni di euro.
Bruno Bettelli, presidente Federmacchine, ha così commentato: “Dopo gli anni di grande espansione, l’industria italiana costruttrice di beni strumentali si è trovata ultimamente a fare i conti con una condizione di contesto profondamente differente. L’instabilità geopolitica, da un lato, e la debolezza della domanda interna, dall’altro, hanno inciso profondamente sui nostri risultati.
Proprio la condizione generalizzata di complessità – ha continuato Bruno Bettelli – è l’elemento che più ci allarma rispetto al prossimo futuro. Infatti, le imprese italiane del machinery fanno i conti con le difficoltà oltreconfine che riguardano paesi vicini e lontani e che, in parte, risentono dei conflitti aperti nelle zone calde del mondo; ma sono costrette anche a ragionare su come rispondere alle criticità del mercato italiano che si dimostra decisamente asfittico”.
“Con riferimento all’estero, un comparto come il nostro, che destina ben più della metà del suo fatturato ai mercati stranieri, non può che essere preoccupato dalla situazione della Germania che in Europa ha sempre fatto da traino all’economia dell’area e che ora è incagliata nelle maglie della crisi dell’auto. Stesso discorso per la Francia e la Polonia. Se poi estendiamo lo sguardo oltre il Vecchio Continente la situazione non migliora di certo: dopo che la Russia è uscita dai nostri radar, la Cina ha notevolmente ridotto l’attività con i player di area euro. Unico salvagente restano, al momento, gli Usa e il Messico ma l’incognita Trump non può permetterci di dormire sonni tranquilli”.
“Alla luce di questa situazione, al di là delle iniziative delle singole associazioni su mercati di specifico interesse, è evidente la necessità che la federazione lavori per supportare l’attività di internazionalizzazione dell’industria italiana di comparto. Risponde a questo obiettivo la seconda edizione dei Ingenium, lo studio realizzato da Federmacchine in collaborazione con Confindustria – che presenteremo a inizio anno – volto ad analizzare le potenzialità di questo comparto sul mercato internazionale e a misurare (speriamo) l’avanzamento della nostra industria rispetto ai risultati presentati nell’edizione numero 1 effettuata nel 2023”.
“Quanto all’Italia – ha concluso Bruno Bettelli – l’auspicio è che il perfezionamento di Transizione 5.0 inserito come emendamento alla Legge di Bilancio in discussione in Parlamento in questi ultimi giorni dell’anno, possa effettivamente restituire un po’ di brio alla domanda domestica. L’industria manifatturiera italiana ha necessità di innovare e l’innovazione passa, anzitutto, attraverso gli investimenti in nuovi macchinari di produzione. Per questo è fondamentale pensare già al dopo Transizione 4.0-5.0 che di fatto si concludono con la fine del 2025”.